“L’Italia è già oggi il Paese che concede più cittadinanze ogni anno, non serve una nuova legge”, ha tagliato corto Salvini. Che ha poi messo in guardia la sinistra buonista: “La cittadinanza è una cosa seria e arriva alla fine di un percorso di integrazione, non è un biglietto per il Luna Park”. Certo, in singoli casi eccezionali, come appunto quello di Ramy, il governo può concederla anche prima del tempo. “Ma – ha messo in chiaro il vice premier leghista – la legge non cambierà”.
Anche fuori dalla maggioranza sono in molti a pensarla come Salvini. Da Forza Italia è arrivato un secco “no” allo ius soli. “Se siamo riusciti a bloccare l’assurda proposta dello ius soli in un Parlamento in cui la sinistra era più forte – ha commentato Maurizio Gasparri – figuriamoci che fine farebbe oggi una sortita del genere nell’attuale Parlamento”. Per il senatore azzurro è “vergognoso sfruttare fatti di cronaca per alimentare una campagna pro immigrazione. Riemergono registi falliti, come Veltroni che dovrebbe piuttosto parlarci del flop del suo film, non dello ius soli”. “Ci si occupi piuttosto di espellere seicentomila stranieri che continuano illegalmente a rimanere in Italia”, ha concluso.
Pierfrancesco Majorino alle accuse ha aggiunto pure gli insulti. “È un penoso poveraccio, ancora una volta protagonista di un comportamento degno di un bullo”, ha tuonato attaccando il vice premier leghista. “A Milano e nelle altre città – ha poi promesso – servono di nuovo attribuzioni simboliche di cbisogna mettere il cappello su questi fatti. La risposta che Salvini ha dato al piccolo Rami, a cui a detto ‘fatti eleggere’, mi sembra non abbia senso. E’ solo un modo per sfuggire al dibattito”.
Sala “Adesso si riattiva il dibattito. Lo Ius soli è una questione significativa, è giusto che ne parli il Parlamento. Io voglio evitare di cavarmela con delle battute, ma certamente c’è un tema di tanti ragazzi nati in Italia e che vivono nella nostra cultura, Questa città ha il dovere di dire che si può, senza demagogia. Infatti, mentre in Italia c’è l’8 per cento di immigrati, qui di non italiani in origine ce n’è il 19 per cento. E’ fatica l’integrazione? Certo, niente è semplice, ma non bisogna rifiutare le scelte difficili se hanno senso per il futuro. Questo è il senso e il destino di Milano città aperta: una volta eravamo aperti agli altri italiani, oggi abbiamo allargato ad altri orizzonti. Ma noi integriamo chiamando ai doveri oltre che concedendo diritti. Questa formula funziona e può funzionare ancora di più. Questo è il doppio dovere di Milano che vuole essere un avamposto di civiltà”.
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