Non è Bannon, il nostro Metternich

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La destra, sia italiana che europea, è sempre un po’ isterica. Si capisce. I sostenitori della forza della legge e dell’ordine non possono essere dei deboli e dei vinti. E l’Europa continentale è sempre debole e vinta, fuori dalla balance of power, ancella degli Usa, l’Europa fuori dall’Europa. Il destino europeo è ancora deciso da altri attori internazionali.

Così è stata notata l’opposizione dei cattolici Blondet e Marletta contro l’Inganno Bannon, pubblicato dalla Cinabro edizioni con interventi di Marcigliano, Mutti, Raido e RigenerAzione Evola. Le svariate recensioni uscite in questi giorni soffrono di una tara strutturale, quella di considerare sovranisti, neofascisti, tradizionalisti, rossobruni, studiosi di Mistica della rivoluzione fascista o di Evola come degli idioti e dei pericolosi picchiatori senza cervello. Senza accorgersi che così facendo buttano a mare tre quarti della nostra secolare tradizione letteraria e poetica Un errore minore ma sempre da matita rossa è quella di individuare in quest’area culturale, la sede del complottiamo italiano. Sia detto qui chiaramente che il complottiamo (dalla consegna del sud di Garibaldi alla monarchia, alle mancate vittorie del biennio rosso, della resistenza e del frontismo, all’epopea delle stragi siciliane e nordiche, alla strategia della tensione, agli svariati golpe buromassonici intrecciati di criminalità nera, alla mafia al potere fino alla trattativa, alle innumerevoli P,  ed ai tentativi di decostituzionalizzare il Paese) è tutto di sinistra. Non solo è una serie di sòle, ma grazie al sostegno datotele da parte delle istituzioni ha dimezzato la nostra produzione impoverendoci tutti.

Non c’è certo bisogno di Steve Bannon per rinsaldare il dominio di Washington sull’Europa, egemonia chiara, accreditata, evidente ed al momento irremovibile. Più semplicemente l’ex promoter di Trump promuove un Ku Klux Klan 2.0, l’alleanza nordica bianca nell’offensiva contro i nuovi poteri orientali (cinesi, turchi, indiani, arabi, persiani) ed i vecchi, cioè gli slavi. Dato il fortissimo terzomondismo e l’ostilità culturale crescente per il maschio bianco, l’idea di The Movement, il progetto pan-populista di Bannon appare come una Santa Alleanza il cui orizzonte è nel mondo come è ora, e che include la bianca Unione europea, cercando di smuoverla dalle tendenze pacifiste. Nel discorso di Bannon quello che fa cilecca è l’ostilità ai russi, che sono anch’essi bianchi e che in questa revenge whiteness dovrebbero essere alleati dei suprematisti. Steve è però americano, cioè extended anglosassone, ed il suo giudizio su russi (ma anche tedeschi)  è per forza di cose viziato. Sia chiaro però non esiste contrasto strutturale, come piace ora far credere ai media, tra Usa ed Ue che insieme sono la gran parte dell’Occidente.

La destra europea ha altri problemi. Per esempio l’indipendenza mazziniana, vale a dire liberarsi dagli Usa, anche se alt-right, senza cadere sotto la Russia. Non confluire nella Quarta svolta del fronte populista occidentale di Bannon senza affogare nell’Eurasia dell’ideologo spirituale Alexander Dugin, che non è così putiniano come viene detto. Parte della destra europea adora Putin per la sua indipendenza e per il ruolo di potenza. Traduzione, questa destra vorrebbe un’Europa indipendente e potente. Prima ancora di regolare i conti tra bianchi da un lato e tutti i colori dall’altro, pensa all’ipotesi di scontro civile tra bianchi. Fintanto che si discute di corrotti di qui e di là, cioè di sciocchezze, non c’è problema. Se si parla di cose serie, la strada si ferma al macigno della dipendenza europea, che è questione della destra. Alla sinistra non importa. Era serva contenta di Mosca, è serva contenta di Washington e Bruxelles. E magari cerca anche qualche altro padrone, peggio di Arlecchino. Non si deve credere che la dipendenza non tocchi la questione sociale, come si vede dagli effetti del controllo finanziario globale. Il corpo elettorale bianco blue collar poco razzista, non neonazista, molto incazzato però dà ragione a Bannon (ed a Trump) visto l’andazzo del quadro economico che per ora tiene insieme le ragioni dell’Occidente. Steve che senza scandalo promuove gli interessi del governo Trump, è però un lincolniano, seguace del repubblicano da mezzo milione di morti che stroncò l’indipendentismo del Sud.

La destra dell’indipendenza ha ripreso i clichè antiUsa della guerra dopo essere stata filoUsa nella guerra fredda. E’ ovvio che non solo alla destra in Europa non piace il basso livello culturale e politico Usa, una nazione, come scrive Rosati, con un livello culturale medio quasi aberrante; ragion per cui i concetti proposti durante le varie campagne elettorali dai politici statunitensi risultano per un europeo di una dozzinalità irricevibile, nel quale rientra anche The Brink. Sull’orlo dell’abisso, documentario di Alison Klayman per Wanted Cinema sull’ex-stratega di Trump, docufilm per Rosati sensazionalistico e dinamico, intellettualmente approssimativo. La destra ammira la iperminoritaria Alternative Right (Alt-right) di Johnson che diffonde negli Usa il pensiero tradizionale di Guénon ed Evola; approva anche quando il film si inserisce nella critica alzo zero contro la destra repubblicana accusata di essere manipolatrice, cinica, seduttrice, bugiarda, arrogante, suadente, subdola, ironica, simpatica in una parola se stessa. L’America è fatta di venditori e lo spin doctor, ennesimo uomo Goldman Sachs, non contraddice la regola, vendendo il sovranismo, salato di antisionismo misto ad anti-sorosismo. L’inganno non c’è. I rampanti leader destri, realisti, possono tenersi Bannon che senza impegni di fede, promette più indipendenza dal ricatto commerciale cinese e da quello commercialistico europeo, in un quadro fondamentalmente di conservazione.

Per l’indipendenza ci vorrà ben altro ed altro tempo. Non è comunque Bannon il nostro Metternich

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