“La malattia mortale, che oggi colpisce la magistratura, è il carrierismo: la vicenda di Perugia nasce anche da qui”, dichiara Luca Poniz, sostituto a Milano ed esponente di Area democratica per la giustizia, da domenica nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, in sostituzione di Pasquale Grasso, sfiduciato dal Comitato direttivo centrale.
Presidente Poniz, la ‘bramosia’ di carriera delle toghe sta dunque compromettendo il corretto funzionamento del sistema giudiziario del Paese?
E’ un problema serio. La Costituzione non prevede la ‘carriera’ per i magistrati. Si può essere ottimi giudici o pm pur senza avere i galloni sulle spalle.
Molti vedono nel Testo unico della dirigenza, approvato nella scorsa consiliatura del Csm, la causa di tutti i mali.
Il Testo unico venne condiviso all’unanimità da tutti i gruppi della magistratura associata presenti al Csm. Non è mia intenzione mettere in discussione la buona fede dei proponenti. Però, premesso che non esiste una regolamentazione oggettiva in grado di risolvere i problemi, evidenzio come questo Testo contempli ogni possibile elemento ai fini della valutazione del magistrato che concorre per un incarico direttivo o semidirettivo, tale da risolversi in una solo apparente “oggettivizzazione”.
Spieghiamo per i non addetti ai lavori.
Nella valutazione è consentito inserire elementi anche molto disomogenei fra loro. Faccio un esempio: essere stati al Consiglio giudiziario di un importante distretto di Corte d’Appello vale di più rispetto all’aver svolto ‘solo’ le funzioni di pm in una Procura di provincia?
Poi c’è il tema dell’anzianità. Adesso già con 12 anni di servizio, terza valutazione di professionalità, si può aspirare alla direzione di una Procura o di un Tribunale di dimensioni medio-piccole…
Esatto. Questa forbice temporale molto ampia nella quale si può fare domanda è deleteria. Anche se nessuno si sogna di tornare alla sola anzianità senza demerito.
Per i proponenti del Testo, un giovane magistrato, brillante ed intraprendente, ha invece la possibilità di mettersi in gioco e concorrere per un incarico direttivo.
Beh, allora dico subito che il tentativo è fallito ed ha aperto ancora di più la strada proprio a quel carrierismo di cui parlavo e una certa rincorsa del titolo giusto, rischiando persino di porre in secondo piano l’attività giudiziaria. E poi c’è anche un secondo aspetto.
Quale?
Se uno si trova a trentacinque anni a condurre un ufficio per il quale prima servivano almeno venti anni di più, è ovvio che vedrà il ritorno – dopo la cessazione dell’incarico – alle funzioni di “semplice” pm o giudice come un fatto negativo.
Altro tema che volete affrontare è l’eccessiva gerarchizzazione delle Procure. Anche su questo punto lo scorso Csm era intervenuto con una circolare ad hoc. Non va bene?
Noi abbiamo per tempo indicato il problema, ma come farlo è cosa complessa. La materia necessita di un intervento normativo, una circolare del CSM non èovviamente sufficiente: bisogna modificare l’Ordinamento giudiziario. Ora il Procuratore della Repubblica ha un potere davvero molto esteso sul piano organizzativo. Salvo scelte palesemente illegittime, le sue decisioni su come organizzare l’ufficio sono pressochè insindacabili.
È un feudatario….
L’espressione è sua, e, a patto di non travisarla, un po’ coglie nel segno. Bisogna tornare ad una Procura dove i criteri organizzativi siano verificabili in concreto. Come accade nei Tribunali.
Altro argomento scottante è il rapporto magistrati-politica. Volete un divieto di ritorno all’attività giurisdizionale. Però, per dovere di cronaca, bisogna ricordare che sono anni che in Parlamento vengono presentati testi di legge al riguardo. Nella legislatura scorsa, un testo condiviso da maggioranza e opposizione, relatori Felice Casson (Pd) e Pierantonio Zanettin (FI), non arrivò mai in Aula. Qualcuno disse che la lobby dei magistrati avesse bloccato tutto.
Le lobby magistrati sono fatte di persone, quindi hanno un nome e cognome, e dunque vanno fatti. Premesso che io non frequento le lobby, ma se la politica se ne fa condizionare allora c’è un problema serio. L’Anm da dieci anni almeno chiede una regolamentazione ferrea del ritorno in ruolo. La norma attuale contiene anche aspetti sorprendenti. Un magistrato fuori ruolo per un incarico elettivo in Parlamento continua a progredire in carriera come chiunque altro. Credo che vada garantito il posto ma non la progressione di carriera.
L’indagine di Perugia nasce perché un ex consigliere del Csm voleva diventate aggiunto a Roma. Voi avete chiesto che trascorrano almeno due anni, ripristinadola norma abrogata, dall’uscita dal Csm prima di poter presentare domanda per un incarico direttivo o semidirettivo.
Chi è stato al Csm ha gestito un potere immenso. Si è creato una rete di relazioni di alto livello, ha conosciuto politici, insomma ha dei vantaggi innegabili rispetto ad un magistrato che ha sempre e soltanto esercitato la giurisdizione. Non voglio fare il censore, ma rivolgo un invito all’etica individuale dei consiglieri uscenti affinché riflettano bene su questo aspetto.
Ultima domanda: perché non avete voluto Magistratura indipendente, la corrente dell’ex presidente Pasquale Grasso, nella giunta Anm?
Mi è all’opposizione in quanto è stato ritenuto non aver compreso bene quanto accaduto (l’ormai celebre dopo cena di alcuni togati di Mi con esponenti dem e il pmLuca Palamara per discutere di nomine, ndr). Credo sia mancata all’interno di quel gruppo una seria presa d’atto della non correttezza dei comportamenti tenuti. Io sono addolorato perché molti colleghi di Mi stanno soffrendo in questo momento. Però c’è bisogno di tornare a regole di correttezza istituzionale.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.