Una mano tesa sporca di ipocrisia. Condannata famiglia rom che gestiva racket delle elemosine

Milano

Una mano tesa sporca di ipocrisia, mendicante di vita, isolato da un mondo sconosciuto. Sta in quell’angolo, depositato come un birillo fino al sorgere delle ombre della sera. La mano tesa  diventa pesante di stanchezza, ma è tassativo che renda la cifra stabilita, che la commedia sia credibile. Vengono da lontano, dalla Romania, reclutati per strada quasi fossero animali da ammaestrare e portati a Milano per avviarli all’accattonaggio, schiavi e sordi del pulsare vitale della città. La mano tesa obbedisce a un comando squadrista, un  mondo parallelo chiuso, meschino, che fa riferimento ad una famiglia rom che ha scelto il cinismo e il disprezzo per la dignità umana, per fare soldi. Quelle mani tese rispondono spesso a disturbi mentali, a deformazioni fisiche, ricattati senza pietà e rispetto. Scrive Affaritaliani “Un racket dell’elemosina, le cui vittime costrette a chiederla erano mendicanti spesso con handicap fisici e mentali, era stato messo in piedi da una famiglia di origini rom a Milano: oggi madre e figlio sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e 4 anni e due mesi per il reato di estorsione continuata. La sentenza e’ stata pronunciata dalla corte d’Assise di Milano nei confronti di ChemalRegep, detto Toto, il figlio, e della madre GiumazieRegep, detta Jumazi. Le accuse inizialmente mosse dal pm Piero Basilone, che ha coordinato le indagini, erano anche di riduzione in schiavitu’, ma il capo di imputazione e’ stato riformulato in estorsione continuata”. 30 le persone coinvolte in una indagine lunga e complessa.

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