La locomotiva tedesca è ferma. E la stazione di Berlino che la ospita rischia di crollare sulle sue stesse fondamenta. Il disastro Deutsche Bank è solo la punta dell’iceberg di una crisi profonda di un modello economico e produttivo che per anni ha puntato solo alle esportazioni – che con l’Euro ha vissuto anni d’oro – ma che Trump, con la guerra commerciale, ha messo a nudo.
Francesco Bertolino – su MilanoFinanza – in un illuminante intervento, ha evidenziato sabato scorso i motivi di una crisi che Berlino rischia di non riuscire a superare, nei prossimi anni. “La guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina – scrive – sembra aver scoperto i piedi d’argilla dei colossi tedeschi. Da inizio anno otto delle 30 società quotate al Dax hanno emesso un profit warning, rivedendo al ribasso le previsioni di utile per il 2019. Ieri è stata la volta Basf che ha abbattuto del 30% le stime di risultato operativo per l’anno in corso. L’allarme della prima azienda chimica al mondo è un segnale preoccupante per l’intera industria teutonica.”
Ogni settore, secondo Bertolino, presenta poi problematiche specifiche. L’industria dell’auto, per esempio, si trova al centro di una tempesta perfetta: il mercato cinese non tira più le vendite, la minaccia di dazi incombe sulle importazioni negli Usa e i nuovi regolamenti europei sulle emissioni aumentano costi e multe. In pochi mesi l’aumento dei costi – connesso anche alla transizione verso l’elettrico e la guida autonoma – ha costretto sia Daimler sia Bmw a procedere a un profit warning per il 2019 con conseguenti perdite in borsa.
“Un capitolo a parte merita il settore finanziario – aggiunge Bertolinio –: le prime due banche di Germania, Deutsche Bank e Commerzbank, hanno perso circa un terzo del loro valore di borsa nell’ultimo anno. In un contesto complesso per il comparto europeo del credito, Deutsche e Commerz devono anche scontare la frammentazione del mercato domestico e le difficoltà di agire sul loro punto debole: i costi. Il ceo di Db, Christian Sewing, ci sta provando con un brutale piano di ristrutturazione: taglio di 18 mila posti di lavoro, bad bank da 74 miliardi di asset, addio all’ambizione di competere sull’investment banking con i colossi di Wall Street. Per ora mercato e analisti non sembrano però credere alla fattibilità del progetto.”
Ernesto Preatoni
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845