Il mistero della morte di Wilma Montesi, per ripercorrere la fragilità di una società confusa, così simile all’Italia di oggi

Cultura e spettacolo

Nessuno contesta l’immensa grandezza di Anna Magnani, ma a Wilma Montesi, in quel lontano 1953, non piacevano i suoi film. Un pretesto per stare sola, uscire da casa, prefigurare un incontro, un’emozione? Forse, ma è senz’altro il pretesto per titolare il volume di Mario Pacelli “Non mi piacciono i film di Anna Magnani – Il caso Wilma Montesi”, pubblicato da Graphofeel. Un volume che sfoglia il mistero di un fatto di cronaca, la morte di Wilma Montesi ritrovata sulla spiaggia di Torvajanica, diventato poi, in un’epoca contraddittoria, paradigma di una società alla ricerca del proprio sole, che si accartoccia  in un groviglio di ambiguità, di cose non dette, di opportunismo. Era la girandola spinta da desideri inconfessabili, da lutti da dimenticare. Dopo la miseria e l’incertezza, la voglia di stabilità con un piatto di pasta ogni giorno, rappresentava il sogno del quotidiano. E questa Italia in bianco e nero, con poche luci e molte ombre, è la fotografia dettagliata e forse amata con uno sguardo di tenerezza, dall’autore. La meticolosa ricerca storica, la cura delle citazioni non appesantiscono la scrittura, ma ne disegnano il contesto, il crescendo dello svolgimento, il coinvolgimento del mondo politico e artistico. Un nodo di eventi che si ingigantisce, si intreccia, si infittisce di personaggi verosimilmente coinvolti, in una rincorsa malata di traffici, di mezze verità, di interessi nascosti. E’ l’uomo, con le sue debolezze, le sue ambizioni in un Paese confuso, dove il valore più ambito è il successo. Scrive “Il gioco salì di livello e di spessore, i personaggi sulla scena divennero fragili marionette di interessi molto più grandi di loro, costretti a essere interpreti dei ruoli che avevano scelto o erano stati indotti a sostenere per i più diversi motivi.” Wilma aveva la fragilità del sogno, era alla ricerca di un riscatto, forse frequentava il sottobosco del potere, forse la speranza le fece superare il timore. Lo scrittore descrive la giovane vittima quasi con distacco, presenta le domande inevase con rispetto, poi l’affannoso riconoscimento, occasione per togliere il sipario ad una morte così misteriosa “Angelo (il fidanzato) si precipitò a Roma e il 13 aprile si recò all’obitorio per il riconoscimento del cadavere con il padre di Wilma. Era il giorno di Pasquetta, l’obitorio era chiuso, ma l’agente di servizio fece un favore al collega aprendogli la porta del locale refrigerato dove era conservato il cadavere. I due uomini non ebbero alcuna esitazione: era Wilma. Il fidanzato gridò: “Me l’hanno ammazzata”. Chi? Perché? Come? Mistero.“ Domande senza risposta. “Resta ancora da chiarire in modo inconfutabile come e perché morì Wilma Montesi, disponibili non già per dare risposta a un quesito ormai destinato a restare tra i misteri della storia d’Italia, ma affinché si possa avere idea di quanto avviene in un Paese quando la società è dominata da un malessere diffuso che condiziona la stabilità della convivenza, rendendola simile a un castello di carte che finisce per crollare a causa della sua stessa fragilità.”

Un riferimento alla società attuale?

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