Videorama, un romanzo. Urbs Orbis Orbs vedono Roma.

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I Romani hanno sempre potuto vivere di sé e per sé, perché il mondo a lungo si è diviso tra Urbs ed il resto del globo terraqueo Orbis. Nell’ultima modernità però all’occhio romano sugli smartscreen sono apparse futuribili, sfocate, luccicose sfere, le Orbs, ad irridere i fantasmi del passato.

Il primo romanzo del romano Gianfranco Tomei Videorama, , freschissimo di stampa, per i tipi di Idrovolante edizioni, comincia e finisce proprio con tre drops sulla pupilla. Il flashforward soliloquio del cadavere, galleggiante in piscina in una villa capitolina, la metamorfosi di un membro dell’aristocrazia nera, l’altezzosa ed anziana Baronessa madre del Principe Nero, in un Alien orrifico e trasformazione in un mostro non spaziale ma catacombesco, scatenata dall’esplodere di una megarissa nel recinto chiuso della maxivilla, convivio elettoralpopolare. Riferimenti, tra ’50 e ’90 ai film Viale del Tramonto, Alien e Dal tramonto all’alba, che mescolano i generi, noir, fantasy ed horror, del libro, senza esaurirli. Tomei è metà cinephile metà psicologo, disposto a trarre testo dal video, in un processo contrario all’usuale e lo fa con il taglio del romano atipico Sergio Leone reinterpretando il romanzo capitolino.

L’autoritratto moderno di Roma è nato tra indifferenza e noia; si è sviluppato tra neorealismo dei ladri buoni e le buone biciclette, si è caricato della narrazione istituzionale per i ladri cattivi, aurati di immeritata grandeur satanica, regalata a zingari, teppisti politici e piccoli approfittatori, è atterrato sulla protesta, anticapitalista come un tempo antigiudea, per i trend consumistici non ancora assaporati, nel malessere disperato del giorno che si fa perfetto grazie agli spari sotto serali e si è parcheggiato nell’irata voglia di ricorrere alla rancorosa pretesa di risarcimento sociale. Ogni storia è un rimpianto senza ricordo degli insulti rivolti all’epoca; racconto continuo di insoddisfazione e di voglia di essere quello che non si è, frustrazione dell’impossibile superamento della reificazione del mito di Roma e la seguente vendetta contro la Storia piegata a trita cronaca, finalmente  comprensibile al volgo ed alle sue donne.

E’ il trionfo letterario del Populus dell’SPQR, l’unica corte dei miracoli, con il diritto di voto su papi e imperatori. Questo popolo, meticciato al massimo grado, profittando dell’identificazione dell’Urbe con il  Potere, senza e oltre i meriti,  impunito di rozza ignoranza e infingardaggine, ha fatto della sua pasoliniana vita violenta, un polo magnetico per tutti i romani incluse le classi dirigenti, che nell’intimo non si muovono dall’inspiegabile attrazione, non a caso premiata allo Strega, per il volgo Coatto Re. Il Coatto prevale nell’eccellenza dell’Urbs che resta tale perché altezze, spocchie, cerimonie, arti del resto del mondo, l’Orbis, continuano ad inginocchiarsi alla Città Eterna, ancora recentemente sede scelta della nascita dell’Europa, del messianesimo ambientale, della cooperazione internazionale. Così come gli scrittori stranieri rendono Roma come una Sersepoli codificata turisticamente e sopravvissuta all’antichità, come sito mitico scelto dagli dei per le proprie memorie, premise di dubbi dell’anima illuminati da grandi eventi. oltre e senza meriti,

Tomei, autore anche di un Pasolini borghese, colloca i suoi personaggi nei quartieri Trieste, Salario, Eur Prati, San Lorenzo, Regina Margherita, dell’Eur, luoghi bene o ex popolari che finiscono per apparire comunque metafisicamente tutta periferia, come il centro storico della residenza di Cesare non sia stato altro che malfamata Suburra, dove  qualunque pensoso rimuginamento di recupero risuona sordo.

Il protagonista di Videorama, Christian è perfetto in questo. Non è un Canaro ma sembra voglia esserlo. Orfano di padre con rapporti familiari presenti ma labili (il fratello fascistello, la madre assente), ha più di trent’anni ed è ancora senza arte né parte, con al passivo un film mai realizzato; eppure è un rentier senza problemi economici con tanto di autovettura di gran classe, con gli aperitivi ad attenderlo. Eterno fuoricorso, precario nella scontata startup di comunicazione, con esperienze militari che non l’hanno segnato, cerca la felicità nell’amare una Ferragni, non perché bella o intelligente ma perché introdotta e non gli importa nemmeno che il padre della ragazza l’abbia reso orfano. Invidia notorietà ed successo a personaggi sottovuoto da fumetti, casi umani alla Carminati e Jovanotti. Attorno, chiunque abbia un ruolo è un vuoto topos; il manager professore, strano e finocchio con il suo milieu di radical chic o il professore manager di comunicazione, dotato ovviamente di assistente bona: l’imprenditore, ovviamente edile ed ovviamente inquinatore affiancato dal criminale ovviamente businessman; l’aristocrazia nera (che in un lapsus freudiano viene irrisa con un cognome da trovatelli, Casadei) e la politica, ovviamente nera degli arrampicatori, che include le recenti cordate di suocere e nuore. Maschere, con il volto coperto dal desiderio di carriera ottenibile solo per raccomandazione; che guardano il mondo dal buco della serratura moraviana come in un enorme confessionale. A Roma si maschera chi comanda, non, come nel mondo, chi si ribella, come il Joker o Autonomy. Restano caduchi, in fondo contingenze non importanti, tutti i temi, dall’ambiente alla tecnologia, dal ’68 alla rivoluzione, dal valore dell’economia, a scienza, business e Università.

Christian, cupo, scontroso, .. incazzato non è Accatone, ma trova soddisfazione nel cercare di esserlo, di fare gruppo con la mezza prostituta straniera, con lo zio ex rivoluzionario, con altri poveracci che certo non conoscono la sua condizione in fondo invidiabile. Solo nella rave finale di pugni, calci, fauci, fiamme, spranghe e spari, sbucano e orgasmano altri rancori, le tante rabbie di singoli personaggi che trovano un profilo a tutto tondo solo nel ricordo del torto subito, una figlia morta in un incidente stradale, un lavoro non ottenuto, un fidanzamento farlocco. Senza rabbia resterebbe solo il piccolo piacere del quotidiano, una sorta di piccolo mondo antico. (Esiste in effetti un romanzo capitolino da stato rionale ma spesso premiato, quello dei tragitti in tram, del trasloco in rioni diversi, dell’ensemble giovane collettivo che registra i rumori di tacchi e zoccoli a zonzo per le vie dell’Urbe). La megarissa a spranghe, bastoni, calci, sputi, colpi sotto la cintura, spari, mostri e fuochi di drago ha l’epicità del ratto delle Sabine e delle sassaiole dei ragazzi di It e della via Paal ed insieme la primitività coatta di chi non conosce lo stalking anzi considera la  molestia un’esigenza femminile. Ricorda un fantasy che immagina la fuga nelle catacombe di un gruppo di atleti sovietici ai temi delle Olimpiadi ’60 e la loro successiva trasformazione in  ciccioni letali. Lo scontro, strage selvaggia ed arcaica, per la ragazza dopo il primo pestaggio per mano del cattivo viene vinto dal protagonista, nei panni del buono, secondo lo schema americano dei due tempi sia della rissa che della battaglia. E’ una strage, una moria di personaggi del romanzo dal quale Christian si salva fuggendo, dando ragione al famoso detto del manager della Luiss; se ne va in aereo dal luogo dell’impunità, dell’insignificanza e dell’insofferenza, dove la rabbia senza motivo più che una malattia fa da narcotico stimolante.

Dunque in Videorama passano i temi dell’autoritratto letterario capitolino, assieme ai riferimenti al romanzo politico che a Roma magistrati e politici trombati usano spesso senza fini letterari ma connessi alle proprie battaglie. Tutta la scocciatura che la letteratura romana prova per le novità del mondo, per i clichè di assurdo, abiezione, folle giocosità, psicodrammi familiari e tormenti aristocratici, fissati per Roma dai romanzieri italiani ed acquisiti. Nel romanzo si specchia la decadenza di ideali ed onestà intellettuale, estranei alla mentalità diffusa Pulp Coatta, ampiamente descritta, sia dei primi che degli ultimi dell’Urbe. Sono però i drops che solitamente fanno lacrimare i numerosi scrittori romani ad esaltare Tomei che aggancia il male essere, piuttosto che il malessere, capitolino a quello americano, soprattutto cinematografico.

Grazie all’uso accorto degli Orbs,Tomei interseca l’Urbs con l’Orbis. Chissà se la Roma Coatta di oggi gliene sarà grata.  

Bibliografia

Gli Indifferenti e La noia di A. Moravia 1929 e 1960, Ladri di biciclette di L. Bartolini 1946, Una vita violenta di P.P.Pasolini 1959, Un marziano a Roma di E. Flaiano 1960, L’età del malessere di D. Maraini, 1963, La rabbia documentario di Guareschi e P. P. Pasolini 1963, La Storia di E. Morante 1974, La casa del padre di G. Montefoschi 1994, Non ti muovere di M. Mazzantini 2001, 19 di E. Albinati 2001, Roma d’autore di P. di Paolo e Aa.Vv. 2006, Un giorno perfetto di M. G. Mazzucco 2008, Che la festa cominci di N. Ammaniti 2009, Addio a Roma di S. Petrignani 2016, La vita nascosta di Sara Ficocelli 2016, Rabbia furiosa film di Sergio Stivaletti 2018

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