“Bella Ciao” sembra addirittura tornata di moda. A questa canzone si attribuisce oggi, così sembra, il significato del rifiuto di un appiattimento dei nostri giorni, della nostra società, dei nostri ragazzi in un’antipolitica, rifiuto che è pure “antifascismo”.
Io non credo che una canzone torni veramente di moda proprio in coincidenza con un tentativo (tardo e maldestro) di far rivivere valori e storie troppo facilmente dimenticate e fatti dipendere dall’opportunità di far rivivere o nascondere certi interessi politici.
Ma non è solo oggi che sono portato a pormi degli interrogativi per questa mediocre icona fonica di un momento così importante e tragico della esistenza della nostra Nazione.
Ricordo che alcuni anni dopo la fine della guerra, sentendo le prime volte le note di “Bella Ciao” mi domandai e domandai a qualcuno che meglio di me poteva essere informato non tanto chi ne fosse l’autore, quanto come e quando fosse venuta fuori.
Se d’autore ignoto più facile è attribuire ad una canzone, ad uno scritto, a dei versi, il valore di voce del popolo.
Volevo invece rendermi conto del fatto e del perché per la prima volta non solo io, ma tutti quelli che conoscevo ne avessero inteso le note solo a distanza di anni dalla fine della Guerra e della Resistenza.
Ho trascorso i mesi dell’occupazione nazista qui nei pressi di Roma e, così come non ho visto partigiani se non negli ultimi giorni, così posso dire che non li ho sentiti mai cantare né “Bella Ciao” né altre canzoni.
Da alcuni miei amici che, invece avevano vissuto i più lunghi mesi di quel tragico periodo al Nord domandai notizie. Mi risposero tutti che non si trattava di un canto dei partigiani (tra i quali, semmai, era noto “Fischia il vento e urla la bufera” che però è la traduzione di una canzone dei partigiani russi, se non sbaglio).
Qualcuno (ad esempio il mio caro amico Giovanni Santagostino) mi disse che “Bella Ciao” era venuta fuori nelle balere nell’estate del ’45.
Non so se vi siano stati veri studi sull’origine ed il diffondersi di tale canzone.
Direi che, anche se, postuma rispetto ai giorni e mesi roventi della Resistenza, un certo valore politico, anzi storico-politico “Bella Ciao” avrebbe potuto averlo anche se nata, per così dire, postuma.
Quello che, però è inconcepibile, è arrivare quasi ad identificare il canto di quella mediocre canzone con una scelta morale e politica essenziale. E’ ridicolo ritenere che gli Italiani si dividano tra quelli di “Bella Ciao” e quelli che non la vogliono cantare.
Siamo sempre lì.
Italiani, siamo seri!!!
Mauro Mellini
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