L’Italia ha bisogno di molte cose, ma non di più Stato
Ci sono molte ragioni, liberali, per non amare questa Europa. Ma alcuni meriti non sono discutibili. Uno di questi è quello di aver impedito il riformarsi di quel carrozzone che era l’IRI. Checché ne pensi Calenda, l’idea che le aziende decotte vadano salvate, per evitare agli operai di perdere il posto è risibile. E lo è perché, altrimenti, ci troveremmo a dover mantenere aziende decotte per mere ragioni sentimentali. Questo andrebbe anche spiegato, magari in musica, al ministro Gualtieri, che ieri ci spiegava su Repubblica quanto bene facesse lo stato al mercato. Non essendo un economista gli si può perdonare qualche ingenuità, ma non quando gioca coi nostri soldi. Facciamo un passo indietro.
Gualtieri cita i mitologici fallimenti del mercato. Ottimo, analizziamo dove avrebbe fallito il mercato con Alitalia, Ilva e Banca di Bari.
Alitalia
Qui è facile, il mercato non rispetterebbe il diritto della gente di raggiungere i 7200 aeroporti Italiani a costi popolari. Non porterebbe a casa i fuori sede al costo di un treno. Intercity. Inoltre fallirebbe nel valorizzare il mitologico petrolio italico: il turismo. Tutte colpe gravissime, ovviamente, e che siamo certi lo Stato emenderebbe immediatamente. Facendo pagare poco il biglietto, ma imponendone i costi anche a chi non prende l’aereo. Facciamo una premessa: le uniche due zone non raggiungibili in treno o autobus, in Italia, sono Sicilia e Sardegna. La prima per scelta dell’elettorato. Noi il ponte ci avevamo provato a costruirlo. La seconda è effettivamente problematica.
Ma non è certo nazionalizzando Alitalia che si risolve quel problema. Per quanto riguarda tutto il resto si è innescata la buffa idea che risparmiare un’ora andando da Milano a Roma, cioè non prendendo il treno in favore dell’aereo, sia un diritto. O che per tornare a casa a Bari si debba a tutti i costi volare. Il che, per carità, è indubbiamente comodo. Ma che sia un diritto la vedo complessa. In tutto questo altre compagnie, più competitive stanno già servendo la tratta. A cosa serva, in tutto questo una compagnia di bandiera non è dato sapere. Ah, per il turismo: molte città, da Firenze a Venezia, non reggono più i numeri. Ovvero il turismo low cost cui Alitalia si rivolge. Ancora: ma siamo sicuri che sia il mercato ad aver fallito?
ILVA
Questa è strepitosa e ce la togliamo subito: la procura di Taranto dice che l’altoforno va chiuso. Quella di Milano che non va chiuso. Fine. C’è da gestire la transizione ecologica, dice il Ministero. In che modo? Perché Mittal ha fatto un piano. Non vi piace? Non mi pare che la procura di Taranto stia contestando quello. Quanto il fatto che, nel frattempo si produca. Ovvero che voglia ILVA chiusa per restauro. Il che equivale ad ucciderla. Ed in ogni caso, mi spiegate in cosa avrebbe fallito il mercato? Lo Stato ha fissato i limiti, lo Stato ha arrestato i Riva (che l’ILVA la facevano funzionare), lo Stato ha intimato a Mittal di restaurare in perdita la società. Ora lo Stato vuole subentrare. Barando, evidentemente, perché l’unico modo che ha per impedire alla procura di Taranto di rovinare la città è quello di rendersi immune alle sue indagini.
Che era precisamente quello che chiedeva Mittal. Quindi avremmo, nella migliore delle ipotesi, il medesimo risultato. Ma spendendo assai di più. E con molta meno efficienza. In ogni caso, anche qui, qualcuno mi sa indicare dove il mercato avrebbe fallito? Nella gestione di un equilibrio illogico ed impossibile tra vivere sotto una acciaieria ed avere un’aria perfettamente cristallina? Volete l’aria pulita? Fate chiudere l’ILVA e tenetevi la disoccupazione. Volete il lavoro? Accettate il fatto che la transizione ecologica ci mette fuori mercato. Quindi va fatta con dei compromessi. Che poi è il motivo per cui facciamo produrre l’acciaio all’Asia, dopotutto.
Banca Popolare di Bari
Questa è spettacolare. Bankitalia forza la banca a comprare Tercas. Subito dopo smette di controllare. Passano anni di prestiti folli. La Banca fa crack. In tutto questo il mercato non si vede nemmeno col cannocchiale. Le persone comprano le azioni perché si aspettano un controllo pubblico. Il controllo non viene fatto. Gli azionisti verranno, forse, salvati. Le azioni delle altre banche verranno vendute di più, perché si creerà una implicita garanzia. Anche qui, dov’è il mercato? Il Bail In, ovvero l’obbligo di distribuire le perdite tra obbligazionisti ed azionisti doveva servire proprio ad evitare questo. Come sacrosanto. Lo aggireranno in qualche modo. Come hanno sempre fatto.
C’è qualcosa di diabolico nel fatto che se mi truffa un cliente io non vengo (giustamente risarcito) dallo Stato, ma se mi truffa una banca ho diritto a riavere i miei soldi. Diabolico e profondamente antimercatista. È, di fondo, un inno all’irresponsabilità. Altro marchio di fabbrica dello Stato investitore.
In conclusione, Gualtieri dice sciocchezze. Lo Stato investitore fa solo danni. Li ha sempre fatti e sempre li farà. Nella migliore delle ipotesi è un monopolista che finge di non redistribuire i profitti, mentre lo fa, ma in maniera mascherata (assunzioni di massa, emolumenti faraonici, prestiti ad amici degli amici). Nella peggiore diventa un buco nero in cui si paga la gente per produrre poco e male, con i costi versati sulla collettività senza poterne distinguere e discernere l’ammontare reale.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,
Come commentare situazioni e decisioni che, a noi spettatori, appaiono realizzate da impreparati e incapaci? E che, come dice che se ne intende, ci stanno preparando un futuro difficile, se non pessimo? Sono contento per il giudizio sopra espresso da Rampazzo “dice sciocchezze”. Nel mio piccolo avevo pensato molto peggio.