Si può dire che siamo stufi del politicamente corretto nelle parole e nei gesti?

Attualità

Si può dire che sono stufa del pensiero unico, politicamente correttissimo, con cui tutti i pecoroni di sinistra si esprimono? Stufa che anche i gesti siano uniformati ad un ipotetico idem sentire che fa la differenza, secondo il loro protocollo, tra privilegiati e rigorosamente infallibili e i comuni mortali che arrancano per avere un’idea propria. C’è stato il funerale a Rattazzo, lo storico titolare dell’omonimo bar, luogo simbolo delle notti milanesi dagli anni ’60 che ha attraversato una Milano profondamente cambiata in questi anni. Giustamente gli amici lo ricordano e ne esaltano le qualità. Alla fine della cerimonia come fosse un ordine, tutti con il pugno chiuso a cantare “Bella ciao”, per evidenziare l’appartenenza ad una granitica comunità. Nulla da dire: il pugno chiuso e il richiamo al comunismo è politicamente corretto, il farlo è quasi un vanto. Non che la pochade mi scandalizzi: ho visto nella mia infanzia, nella Bassa, tanti funerali comunisti, con il rispetto che si deve a chi ha idee che non condividi. Oggi essere di sinistra significa essere buoni, accoglienti, tradire le tradizioni, sedersi come presidente della Camera con il pugno chiuso, essere sacerdoti d’assalto, giudicare gli eletti che sbagliano con tolleranza, difendere l’occupazione abusiva, essere contraddittori e “partigiani”e ovviamente conformarsi nelle parole e nei gesti. A loro tutto è permesso, anche l’odio. Un odio viscerale, gridato, ingiustificato, irrazionale. Per confermare il loro status di casta e di intelligenza superiore. Gli striscioni, gli insulti, fanno da cassa di risonanza per il loro razzismo. Possiamo almeno dire che dei loro simboli grondanti di sangue siamo stufi?

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