Briciole per gli alunni disabili: un modo per discriminare

Attualità

«Scuole paritarie: 12,5 milioni di euro in più per inclusione studenti con disabilità (legge di bilancio)»In questi ultimi giorni, capita frequentemente di leggere simili titoli giornalistici a effetto. Essi, da un lato, sembrano consentire un sospiro di sollievo a famiglie, docenti e gestori delle scuole paritarie, che si vedrebbero non più solo “riconosciuto”, ma anche effettivamente “garantito” il diritto all’integrazione e all’inclusione dell’alunno disabile; ma, dall’altro lato, inducono i detrattori della libertà di scelta educativa a lamentare il fatto che tutti questi milioni elargiti alla scuola “privata” e “confessionale” vanno a scapito della buona scuola pubblica statale, laica, aperta a tutti…

Concediamoci allora pochi minuti di ragionamento e approfondiamo il significato dello stanziamento annunciato dai titoloni di cui sopra, perché ne va della civile integrazione di chi è più fragile e non deve assolutamente essere illuso né scoraggiato.

Giorni fa, proprio in vista della legge di bilancio, al capitolo “Integrazione disabilità” venivano evidenziati in particolare due punti, resi oggetto di un lucido comunicato stampa congiunto delle associazioni dei gestori e dei genitori.

  1. Carenza di organico. Secondo le ultime stime del ministero dell’Istruzione, per i 272 mila studenti che ne avrebbero diritto, ci sono solamente 156 mila insegnanti di sostegno. Una situazione ancor più grave se si considera che circa 40 mila insegnanti sono “in deroga”, ovvero senza studi di specializzazione. Le carenze di organico e la mancanza di specializzazione incidono soprattutto sulla continuità.
  2. Il disabile discriminato due volte nella scelta educativa. Nell’anno scolastico 2017/2018 (Focus Miur, settembre 2018), gli alunni con disabilità che frequentavano le scuole statali italiane di ogni ordine e grado erano il 3,1 per cento del totale della popolazione studentesca, con un aumento percentuale rispetto alla rilevazione precedente (+0,2 per cento), e un aumento complessivo rispetto all’anno scolastico 2014/2015 pari a circa l’8,4 per cento. Ancor più significativa è la percentuale di aumento degli alunni con disabilità frequentanti le scuole paritarie. Eppure, lo Stato italiano è ben lontano dall’attuazione della legge 104/1992, secondo la quale il diritto di scelta dei servizi è uno degli obiettivi da perseguire per garantire una reale integrazione delle persone con disabilità. Ad oggi, lo stanziamento medio annuale pro capite per i docenti di sostegno delle scuole statali è pari a 20.016 euro, mentre per quelli delle scuole paritarie ammonta a 1.716 euro. La disparità di trattamento salta agli occhi.

L’intervento di 12,5 milioni di euro in più per l’inclusione degli studenti con disabilità (legge di bilancio) vuole essere una risposta in tal senso. Una risposta, però, che a un’attenta analisi risulta essere niente affatto coraggiosa, ma piuttosto timida. Anzi, a fronte della gravissima discriminazione perpetrata da anni ai danni di una fascia così debole della popolazione, non pare esagerato definirla irresponsabile.

La scuola paritaria ha il diritto-dovere di esistere e il governo ha il dovere di garantire il pluralismo educativo

I 12,5 milioni di euro, infatti, sono destinati solo ai disabili della scuola dell’Infanzia. Come se nella scuola primaria, nella secondaria di primo grado e al liceo i disabili non ci esistessero più, e fossero tutti guariti o… costretti a non scegliere! E così si formano delle sottocategorie (mentre la Repubblica dovrebbe rimuovere ogni ostacolo economico che impedisce il pieno sviluppo della persona senza alcuna discriminazione), alimentando la guerra tra i poveri.

Pensate a come deve sentirsi una mamma con un figlio disabile discriminato nella scelta tra due scuole! Il governo riconosce (a essere benevoli) che il genitore del disabile può scegliere la paritaria, ma solo all’infanzia. Per gli altri corsi si spegne il lumicino del buon senso. Forse è perché lo Stato ha la consapevolezza di non riuscire a garantire su tutto il territorio nazionale la presenza di scuole dell’infanzia che vuole tenersi buone quelle paritarie?

Ecco le briciole dell’irresponsabilità, che, se fanno sentire la politica assolta e gli attivisti a favore della integrazione un po’ più soddisfatti («Qualcosa a casa abbiamo portato!»), rendono tutti noi degli sconfitti… La gravità della situazione esigerebbe, invece, anziché scelte timide ed irresponsabili, atti coraggiosi: l’eroicità di chi rifiuta di rendersi connivente con la profezia della scuola statale per tutti, complice la sopravvivenza delle sole scuole paritarie con rette al di sopra dei 7.000 euro annui (quelle dei ricchi per i ricchi, che tagliano in due la società).

I dati, purtroppo, parlano chiaro: negli ultimi 10 anni, sono 1.000 le scuole paritarie che hanno dovuto chiudere (per un totale di 160 mila studenti)… Ma nulla è perduto! Altre scuole con rette da 3.500 euro si indebitano ma restano, combattono. E vinceranno. Però, per piacere, si dica la verità alle persone! Perché, se il compromesso presta il fianco all’ingiustizia e alla discriminazione, è la fine.

Un’esperienza positiva ci viene da Regione Lombardia, che negli anni ha sempre favorito l’integrazione. Dote Scuola 2019/2020 prevede, ad esempio, il doppio finanziamento di 1,5 milioni per il riconoscimento del merito e di ben 4,5 milioni per il sostegno agli studenti disabili, con l’obiettivo di garantire il diritto allo studio e la libertà di scelta della scuola attraverso il riconoscimento di un contributo alle spese sostenute per l’insegnante di sostegno nelle scuole primarie e in quelle secondarie di primo e secondo grado paritarie che accolgono studenti disabili.

Anna Monica Alfieri (Tempi)

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