I ristoranti cinesi di Milano colpiti dalla psicosi da Coronavirus

Milano

La psicosi da contagio c’è e fa registrare un cambio di abitudini e stili di vita, anche se si sa che in Italia non si è registrato alcun caso di coronavirus. Eppure i locali gestiti da cinesi a Milano, che di solito sono affollatissimi adesso accusano il colpo. Luca Sheng Song, presidente di Uniic, l’Unione Imprenditori Italia Cina, e fondatore e CEO di China Power, società di gas ed energia, intervistato dall’AGI, fornisce un primo quadro di quello che sta accadendo nella Chinatown milanese. Un occhio ai numeri. Da sapere che a Milano e in provincia la popolazione cinese residente arriva a superare le 40.400 persone e ci sono “oltre 1.500 attività nella ristorazione, mentre se parliamo delle attività in ogni settore si arriva a 15 mila” che hanno come titolare un cittadino cinese, spiega Sheng Song. “Le ripercussioni maggiori di questa psicosi che si è diffusa anche in Italia le stiamo avendo nella ristorazione” aggiunge. “Nelle ultime 24-48 ore a Milano e nell’hinterland abbiamo registrato un buon 20 per cento in meno di presenze. Mentre sulle altre attività le conseguenze sono molto marginali”. “Per noi c’è un allarmismo ingiustificato – aggiunge il presidente dell’associazione di giovani imprenditori italo cinesi – qui non c’è alcun caso di Coronavirus.

La situazione è monitorata, sono scattati subito tutti i controlli sia in Cina che in Italia”. E inoltre da quello che “comunica il Consolato i contagi stanno diminuendo, i nuovi casi sono in calo” sebbene siano ancora tanti. “Vorrei lanciare un appello da parte di tutta la comunità cinese di Milano: usate tutti il buon senso e la razionalità. C’è troppa esasperazione. E si rischia di alimentare un altro virus, ancora più pericoloso, quello della discriminazione, che c’è ancora verso di noi”. A che cosa si riferisce? “Ci sono stati diversi casi – racconta -. Stanno girando delle chat, delle catene di Sant’Antonio fuorvianti nelle quali si raccomanda alla gente di non incontrare cittadini cinesi e di non entrare nelle loro attività. Così si crea solo confusione” per non dire altro. Come ricordato dal presidente dell’Uniic, a Milano è stata annullata la tradizionale parata del Capodanno “proprio in segno di solidarietà per il popolo cinese. Ma anche per usare il budget che avevamo per acquistare mascherine da spedire in Cina” utilissime per evitare il contagio dal virus. “Adesso più che mai – conclude – il popolo cinese ha bisogno di un supporto morale più che di questo allarmismo”. (AGI) 

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