Una voce reattiva, una consapevolezza dei propri diritti: la signora Biondino supera o tenta di superare con intelligenza l’indegno comportamento dei passeggeri del bus 90 che ieri hanno umiliato una carrozzina, non il suo essere disabile. Graziella Biondino ripete il suo motto “Continuerò a spargere bontà nel mio piccolo. La cattiveria non deve vincere”. Ma l’intolleranza, l’incapacità di relazionarsi con il cuore con chi è più fragile sono atteggiamenti frequenti e intollerabili “ il fastidio, la mala sopportazione sono praticamente abituali, ma gli insulti umiliano e io non mi sono sentita mai così umiliata. Dicevano “Che cosa fai in giro? Torna a casa disabile di merda…puttana e vorrei fermarmi qui”. Dava fastidio che salisse sul bus, dava fastidio che tentasse di farsi largo per occupare il posto che le spetta di diritto: la gente non sopporta una carrozzina in un ambiente affollato. E, scusate se ripeto carrozzina, perché lei era intoccabile nella sua umana fierezza. Accompagnata da un’assistente socio-sanitaria, sul filobus 90 alla fermata di viale Romagna-largo Rio De Janeiro, direzione periferia sud-est, poco prima di mezzogiorno è successo l’odioso fattaccio che stigmatizza i “non valori” che attraversano la società. Tutti i passeggeri hanno partecipato al coro degli insulti, senza alcuna umanità, italiani e stranieri, uniti da un insensibile voce “Noi andiamo a lavorare” E allora? Ancora la presenza di Graziella Biondino grida uguaglianza, comprensione, giustizia sociale. La voce nell’intervista ha la determinazione di chi riordina il puzzle degli avvenimenti e delle ferite all’anima. Una carezza, signora Graziella.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano