Piangere o ridere? Il Coronavirus ci proibisce il riso, troppo vistoso e drammatico il fenomeno. E il modello Milano è diventato il “problema Milano” con una superficie abitativa difficile da blindare, una ricchezza di eventi difficile da controllare, l’opportunità di affollamento ormai una consuetudine. Ma Sala ha detto molti No per contenere le occasioni di un contagio e i teatri, le Chiese, la serie A hanno seguito il suggerimento accodandosi alle scuole chiuse, agli Atenei, ai centri sportivi. «Noi consigliamo ai milanesi non di stare in casa ma di limitare più possibile e di ridurre la socialità oltre ad avere norme igieniche». Il che significa ridurre al minimo gli incontri, evitare locali con molte persone, vivere in ritiro, insomma. Ma la Milano che ha voluto, che continua a tollerare, che “non vede” nelle sue molteplici facce, costituisce una parte considerevole della città. Dirà ai Rom, e ce ne sono intere tribù, dedite al degrado, professionisti del furto e dell’abusivismo, di chiudersi nelle baracche sporche per limitare la socialità? E ai Centri sociali meta di anarchici da tutto il mondo e organizzatori di feste e di riunioni conviviali, senza controlli, che cosa verrà imposto? La marea di clandestini che spacciano, popolano i mercati con merce di dubbia provenienza, per ridurre la socialità che cosa devono fare? Sono i migranti a cui Sala ha aperto le porte, a cui si ispira la sua ideologia d’accoglienza incontrollata. E con i bivacchi nei giardini, nelle piazze, veri covi di multietnico assembramento, chi spiegherà di limitare la socialità. Eppure sono figli della volontà di Sala.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano