Le Regione chiede al governo di poter richiamare in servizio personale sanitario nelle zone dove il sistema è al limite L’assessore Gallera: presto aprirà a Baggio nell’ex ospedale militare un presidio dedicato solo ai malati di coronavirus
Ottimismo ma anche consapevolezza delle criticità: il sistema sanitario lombardo è sotto controllo ma presenta realtà al limite. Così la Regione corre ai ripari, in caso di ulteriori picchi di contagio, pensa di allestire presidi sanitari temporanei (in pertinenze militari o tendopoli) e di mobilitare il personale medico e paramedico oggi in pensione, richiamandolo in servizio. Non solo, ieri è stato confermata da parte del vice presidente della Lombardia Fabrizio Sala la sospensione delle attività didattiche di atenei e scuole per tutta la prossima settimana (gli spazi saranno comunque accessibili agli addetti per la sanificazione e agli accademici per allestire le lezioni online). Una misura necessaria, secondo la Regione, perché come ha spiegato l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, in prima linea assieme a tutta la giunta Fontana in questi giorni molto complicati, «le misure adottate domenica scorsa alla luce dei dati sono assolutamente valide e permettono di controllare la diffusione del virus ed evitare che colpisca tutta la Lombardia. Solo con 14 giorni possiamo capire se il contagio si dimezzerà». «Ci sono sessanta guariti, con tampone negativo, e gli accessi giornalieri in ospedale continuano a diminuire -ha precisato Gallera-. Siamo a 615 tamponi positivi realizzati su un totale di 5.723 tamponi realizzati, circa il 12% dice -.Abbiamo 256 pazienti ricoverati, più 80 in terapia intensiva, meno rispetto ieri. Siamo a 23 decessi, tutte persone anziane e con patologie». Solo ieri ce ne sono stati altri 6. Il virus è ancora presente, in fase espansiva, ma dalla Regione sperano che presto possano iniziarsi a vedere gli effetti positivi delle misure assunte una settimana fa. «Bisogna cercare -ha spiegato il governatore Attilio Fontana – di fare in modo che si possano compenetrare le esigenze di rispettare le libertà dei nostri cittadini e la tutela della sanità».
Per ora il sistema regge ma, se l’epidemia dovesse accelerare, rischia seriamente di far collassare l’organizzazione sanitaria. Da Cremona a Lodi, passando per Milano, è la prospettiva che filtra degli ospedali lombardi dove da venerdì 20 febbraio si lavora senza sosta per l’emergenza coronavirus, curando centinaia di contagiati. «L’ospedale di Cremona è quello più sotto pressione assieme a quello di Lodi», ha detto ancora Gallera, che ha lanciato l’idea di «un albo delle disponibilità di figure professionali da utilizzare di volta in volta. Abbiamo bisogno di personale specializzato. Stiamo interloquendo col governo per inserire la possibilità di assunzione di pensionati, sia medici che infermieri». Non solo: la soluzione, ha detto ancora l’ assessore, è quella di «individuare alcuni presidi ospedalieri in cui collocare solo i pazienti con coronavirus in modo da poterli gestire in modo più strutturato e organizzato». E proprio in questa ottica, «da martedì si attiverà l’ex ospedale militare di Baggio».
Rosario Canino, il direttore sanitario dell’Asst di Cremona, ha confermato che la situazione nell’area è complessa, come in tutta la “zona rossa”, in provincia di Lodi, da dove, quando è possibile, i pazienti vengono trasportati in altre strutture lombarde, per esempio a Milano all’ospedale Niguarda. A Bergamo il Papa Giovanni XXIII si è organizzato destinando al coronavirus tutti i posti letto di malattie infettive, e 16 posti in più in rianimazione. E ospedale di Crema è in una «condizione congestionata», ha detto il sindaco Stefania Bonaldi. «La situazione all’ospedale di Cremona è molto complessa, come a Lodi», ha spiegato Angelo Pan, direttore dell’unità Malattie infettive dell’Asst di Cremona, chiarendo che «ci sono pazienti in condizioni gravi. La maggior parte sono anziani con altre patologie, ma in terapia intensiva c’è anche qualche giovane». Nelle ultime ore a Cremona non c’era più posto, con 120 pazienti positivi ricoverati di cui nove in terapia intensiva, dove sono stati allestiti altri due posti letto. E non è finita, ad un problema se n’è aggiunto un altro: risulta che ad oggi il 10% di medici in servizio nelle aree più colpite è bloccato dal fatto di aver contratto pure lui il Covid-19.
DAVIDE RE (Avvenire)
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