Nel primo dopoguerra del ‘900 l’operetta prende la sua rivincita. Per sminuirla la definivano “piccola lirica”, ma impazzava in tutte le sale. La gente aveva voglia di svagarsi, con trame lievi, di sorridere, di sognare paesi lontani, di stupirsi davanti ad allestimenti sfarzosi e a coreografie coinvolgenti, di canticchiare al mattino le arie che aveva sentito. Oggi non è diverso e se per Pasqua e Pasquetta il programma non prevede gite fuori porta, può includere la sorpresa di uno spettacolo sempre a lieto fine, che risolleva l’animo. Figlia dell’opera buffa e madre del musical, era nata prima a Parigi intorno alla metà dell’800, poi arriva in Austria. Scuole diverse, in Italia prende l’impronta comica che la caratterizza, grazie al barone Carlo Lombardo di San Chirico, autore con Virgilio Ranzato de “Il Paese dei Campanelli”, che debutta al Lirico nel 1923.
Nato a Lucera, studi di musica a Napoli e milanese di adozione, a lui si devono anche “Madame di Tebe”, “Scugnizza”, “Cin Ci Là”, “La Duchessa del Bal Tabarin”, che la sua compagnia porta in scena a Milano al Lirico, al Fossati e in tournée al Quirino di Roma, a Torino, in tutta Italia. Successi su successi. Con l’arrivo delle rivista, l’operetta vede un declino e si impoverisce, ma Sandro Massimini inventa negli anni ‘80 una formula nuova, togliendo quel velo di polvere, che l’aveva portata all’oblio. Mette mano ai testi che rende più fluidi e moderni, studia una regia ricca di colpi di teatro e di effetti, sceglie attori che sappiano recitare, ballare e cantare. La sua è un’operetta musical, sfarzosa nella scenografia e nei costumi, sempre elegante, divertente e mai volgare. Perfezionista oltre ogni limite – e lo sa bene chi come me ha a lungo collaborato con lui – da attore protagonista andava diritto al cuore degli spettatori, migliaia e migliaia di fans, che lo seguivano sempre come si deve a una star, che per tutti, critica compresa, era il “Re dell’Operetta”.
Da grande studioso e intenditore del genere ha scritto con Nino Nugnes la storia dell’operetta, edita da Rizzoli, e da collezionista ha raccolto numerosi pezzi ormai storici, custoditi nel Museo di Torre Cajetani, a lui intitolato, diretto da Giampiero Pacifico, suo erede. Tappa per un bel viaggetto per quando potremo spostarci. Intanto dopo pranzo possiamo sederci in poltrona, accendere il computer, aprire questo articolo e cliccare su La Danza delle Libellule, con musiche di Franz Lehar, sì il famoso Lehar e Carlo Lombardo, le cui melodie si riconoscono e fanno a gara nel dolce valzer “Neve gel” dell’austriaco, e nel celebre “Fox delle gigolettes” del barone. Ambientata in Scozia, su libretto dello stesso Lombardo, fra giri di pattinaggio sul lago ghiacciato e capitomboli, l’operetta è divertentissima e rivela un esilarante Massimini.
Se due operette al giorno sono troppe, il lunedì dell’Angelo cliccate su la Vedova Allegra di Franz Lehár, su libretto di Victor Léon e Leo Stein, che debuttò al Theater an der Wien a Vienna nel 1905, per arrivare al Dal Verme di Milano nel 1907. Tratto dalla commedia “L’Attaché d’ambassade” di Henri Meilhac, ci porta a Parigi parlandoci del tentativo dell’ambasciata Pontevedrina di far sposare la ricca vedova Hanna Glavari con il conte Danilo, sua antica fiamma. E’ lo spettacolo più rappresentato al mondo, che Massimini rende amabilmente grandioso, fra valzer e Can Can travolgenti. Il giorno dopo provare a cantare l’”Aria di Vilja” o “E’ scabroso le donne studiar”.
Quanti ricordi… con mio padre guardavamo sempre sia operette sia opere, lui le adorava. Mi teneva sulle ginocchia e cantavamo insieme. Grazie per avermi fatto tornare indietro e portato a momenti dolci e allegri ❤️