La Santa Pasqua non ha minimamente rasserenato gli animi al Fatto e a Repubblica.
I due quotidiani da settimane sparano ad alzo zero contro Regione Lombardia e i suoi amministratori, colpevoli – secondo loro – di non aver gestito la pandemia. Nessuna critica, invece, al governo nazionale che ha minimizzato per settimane il rischio sanitario.
L’attacco, sempre più feroce, si è spinto ad evocare le manette: “Mani pulite sul Trivulzio” recitava il titolo cubitale di Repubblica in prima pagina l’altro giorno. A evocare quella stagione, la presenza nella Commissione di inchiesta per far luce sui decessi alla “Baggina” di Gherardo Colombo, scelto dal sindaco Beppe Sala, che fece parte del pool.
Nella stessa Commissione, indicato dalla Regione, c’è Giovanni Canzio ex presidente della Corte di appello di Milano e poi al vertice della Cassazione prima di andare in pensione.
28 anni sembrano trascorsi invano: è intatto il fascino che quella stagione continua a esercitare su certa stampa. E poi c’è di mezzo il Pio Albergo Trivulzio dove la prima Repubblica venne spazzata via con la tangente da 7 milioni di lire incassata da Mario Chiesa, improvvidamente definito da Bettino Craxi “solo un mariuolo”.
Non solo i tempi sono cambiati ma questa del Covid-19 è tutt’altra storia, anche se sembra far parte dell’infinita emergenza italiana che a ogni tappa finisce per togliere ai cittadini diritti sociali e civili. Altro che i “pieni poteri” virtuali evocati la scorsa estate da Matteo Salvini.
Non solo i tempi sono cambiati ma questa del Covid-19 è tutt’altra storia, anche se sembra far parte dell’infinita emergenza italiana che a ogni tappa finisce per togliere ai cittadini diritti sociali e civili. Altro che i “pieni poteri” virtuali evocati la scorsa estate da Matteo Salvini.
Una fetta importante della società italiana, quella che si può definire “radical-progressista”, con i suoi quotidiani di riferimento come Repubblica, è orfana inconsolabile di Mani pulite.
Vale però la pena ricordare, sul punto, l’arresto durato solo poche ore di Carlo De Benedetti, l’editore di Repubblica.
Nel 1993, in piena bufera Tangentopoli, l’ingegnere presentò al pool un memoriale in cui si assunse la responsabilità di tutte le vicende di cui era al corrente e di quelle di cui non era al corrente in qualità di n. 1 dell’ Olivetti. In particolare, De Benedetti ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire ai partiti di governo e funzionali all’ottenimento di una commessa dalle Poste italiane. Su iniziativa della Procura di Roma fu arrestato e liberato nella stessa giornata per poi essere assolto da alcune accuse e prescritto da altre.
Un trattamento molto diverso di quello capitato ad altri grandi imprenditori. Vedasi Gabriele Cagliari.
Ora, in vista del prossimo show-down elettorale, la speranza che la magistratura faccia nuovamente il “lavoro sporco”, togliendo definitivamente di mezzo il centro destra lombardo. Se non arrivano i consensi nelle urne, c’è sempre qualche pm pronto a dare manforte alla causa.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.