Petrolio e rivoluzione ?

Attualità

Questo non è il momento per immaginare chissà quali rivoluzioni nel nostro modello economico

Lo spettacolare tonfo del petrolio di domenica sera – quando il barile di Wti è stato scambiato, per la prima volta nella storia, a prezzi negativi – non va drammatizzato, ma non neppure può essere ignorato. La ragione contingente del fenomeno dipende dal fatto che un grosso Etf ha dovuto liberarsi di contratti che lo impegnavano a ritirare quantitativi fisici di greggio per i quali non disponeva di sufficienti siti di stoccaggio. Infatti, mentre questo accadeva, il greggio di riferimento per l’Europa (il Brent) era quotato al di sopra dei 20 dollari. Quindi, non dobbiamo abituarci all’idea di essere pagati per riempire l’autobotte a bocca di pozzo. Tuttavia, dietro questi movimenti c’è uno degli effetti più clamorosi della pandemia: col rallentamento dell’attività economica e, soprattutto, il blocco dei trasporti quasi ovunque, i consumi hanno subito un tracollo senza precedenti. Secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia, nel mese di aprile la domanda è crollata ai livelli del 1995.

Qualcuno può cercare le buone notizie tra le pieghe dei dati: un mondo meno inquinato, un argine al deterioramento dei salari reali, un riequilibrio globale a favore dei paesi (come l’Italia) poveri di risorse. Ma, per quanto ci si sforzi, questi benefici non sono che la conseguenza di un fenomeno più profondo e drammatico. Se i consumi e i prezzi calano, è perché l’economia e gli spostamenti si sono bloccati a causa del virus. Questo ha anche altre conseguenze, che possono apparire negative persino agli occhi dei fautori della decrescita. Per esempio, una società vittima di un impoverimento generalizzato e nella quale l’energia fossile è disponibile in quantità abbondante e ai prezzi più bassi di sempre, è anche una società che non può permettersi di effettuare investimenti in generale, e in fonti pulite in particolare. In altre parole, il rischio è che raggiungiamo sì gli obiettivi della nostra politica ambientale, ma lo facciamo non grazie a un modello produttivo maggiormente virtuoso, bensì a causa di una traslazione verso il basso dell’intera comunità nazionale.

Se le cose stanno così, è importante che il Governo ne prenda atto e si renda conto che questo non è il momento per immaginare chissà quali rivoluzioni nel nostro modello economico. Disegnare una via d’uscita dalla crisi pandemica è di per sé una missione difficilissima, vista la situazione del paese e il declino in corso da decenni. Fare la rivoluzione era un’idea sbagliata prima, sarebbe suicida adesso.

Istituto Bruno Leoni

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