Il decreto Rilancio ha deluso le aspettative ed i suoi contenuti si pongono in un rapporto ossimorico con la sua denominazione, essendo utopico immaginare una ripresa (rilancio) dell’economia nella frammentarietà di interventi non orientati ad una visione di insieme. Dal decreto varato dal governo l’impatto sull’economia sarà inavvertibile con effetti di ulteriore deterioramento dei volumi di spesa dei consumatori da cui si originano le prospettive di crescita. Nell’imminenza della stagione estiva, a cui sono ancorate molteplici attività che mobilitano storicamente percentuali significative di Pil, il governo partorisce la deludente mancetta di 500 euro di tax credit che i titolari delle strutture ricettive dovranno anticipare per poi essere rimborsati dal fisco. Una misura che non produrrà effetti nella domanda turistica con riflessi rovinosi sul settore turismo che è un’industria versatile che comprende bisogni primari, vitto e alloggio, e secondari, relativi all’impiego del tempo libero. Dal consumo turistico deriva l’occupazione per milioni di italiani ed affidare il rilancio del comparto con il credito di imposta in un’entità insignificante equivale ad esporre l’incombente stagione estiva alla disfatta economica.
L’incentivo ai monopattini e alle biciclette elettriche, come nuovi mezzi di locomozione, non si capisce che attinenza abbia con la vastità della crisi economica causata dal Covid-19, forse il premier Conte ha confuso l’istanza di assistenza del sistema produttivo con la pedalata assistita in omaggio all’ecologismo “gretino”. Queste misure sono provocazioni che incoraggiano la “pedata” al governo, assistita sì, ma dalla disperazione collettiva. Il Paese sta tollerando le inadempienze del decreto Cura Italia per quanto riguarda il sussidio di 600 euro alle partite Iva, alcune ancora in attesa dell’obolo, e la Cig in deroga, i cui ritardi stanno svenando gli imprenditori con le anticipazioni delle risorse per i propri dipendenti, e dovrà gestire le ulteriori inottemperanza che si annunciano dal provvedimento emanato con pacchiano entusiasmo dal governo. Un decreto inumidito dalle lacrime del ministro Teresa Bellanova di cui non dubitiamo la sincerità della commozione, ma ne contestiamo le ragioni sia perché la sanatoria dei migranti irregolari non contrasta in modo definitivo il caporalato sia perché lo stesso intenerimento emotivo sarebbe stato più comprensibile per le lancinanti sofferenze dei cittadini regolari che da mesi affrontano con dignitosa compostezza la veemenza della crisi economica. Ricordiamo con rispetto quegli imprenditori che non hanno retto all’impetuosità delle criticità togliendosi la vita.
Andrea Amata (blog Nicola Porro)
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