In realtà le imprese riprendono, ma i consumi no

Attualità

Si iniziano a vedere, oggi, gli effetti dello tsunami economico che ci sta investendo. Imprese, negozi e ristoranti riaprono (chi può e chi ce la fa). Ma la gente non torna a spendere. E, quel che peggio, torna il pessimismo sulle prospettive economiche del Paese: si tratta di un bruttissimo segnale per uno dei rimorchiatori che potrebbe portare il Paese fuori dalle secche del Covid, ovvero la domanda interna. La prima settimana della tanto attesa “Fase 2” per gli esercenti non è stata un successo, tutt’altro. Piuttosto un amarissimo bagno nell’(amara) realtà. Le riaperture ci sono state eccome: 7 imprese su 10, stando a un’indagine condotta da Swg e Confesercenti, ha sollevato la serranda. Il problema riguarda piuttosto i consumi: ad oggi solo il 29% degli italiani è tornato a servirsi delle attività che sono ripartire per acquistare prodotti o servizi. Il 72% delle imprese, stando ai risultati del report, avrebbe già ripreso a lavorare, ma di queste il 68% ammette di aver lavorato fino ad ora in perdita, di mentre il 37% segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità. A soffrire di più sono stati ristoranti, trattorie e pizzerie: secondo il sondaggio, il 92% degli imprenditori della somministrazione ritiene insoddisfacenti o molto insoddisfacenti i risultati dei primi giorni d’apertura.

Seguono i bar (83%). Centri estetici e parrucchieri, invece, vivono un primo rimbalzo, con una percentuale di soddisfatti e molto soddisfatti rispettivamente del 81 e del 62%. A pesare sui consumi è, ovviamente, il coronavirus. Tra chi avrebbe rinunciato agli acquisti, secondo la rilevazione di Swg, il 54% dichiara di non aver comprato perché non ne aveva bisogno. Si continua, dunque, ad attenersi ai consigli di limitare gli spostamenti non strettamente necessari. Il 24%, invece, non è tornato in negozi e bar per timore di esporsi a rischi. C’è infine un 14% che preferisce risparmiare: i primi segnali delle tensioni sul lavoro, dipendente e indipendente, seguite all’emergenza sanitaria. Altrettanto allarmante, in questo senso, sarebbe anche il rapporto annuale Confcommercio-Censis, secondo cui il saldo tra chi vedrebbe un futuro roseo e chi invece prevederebbe nubi rispetto alle prospettive economiche del Paese torna a registrare valori molto negativi. Gli ottimisti, in aumento dal 2013, si dimezzando, scendento al 22,4%, mentre i pessimisti raddoppierebbero, attestandosi a quasi il 53%. In queste condizioni c’è da aspettarsi un tracollo della già provata domanda interna nel Paese. Una condizione che rischia di aggravare ulteriormente la già preoccupante condizione economica italiana.

Blog Ernesto Preatoni

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