Ci sono solo due cose che un leader, qualsiasi leader non può permettersi: mettere in piazza i propri rovelli interiori ed apparire indeciso. Sala ci ha deliziati, in questa intervista, con entrambi. L’arte del comando è sembrare solidi mentre si sta in equilibrio su un ramoscello. Beppe sembra precario mentre sta seduto in poltrona. E questo, in momenti difficili come quelli attuali, non è gestibile.
Ci piaccia o no, serve fare un’analisi perché tra un’insonnia ed una sgambata ligure l’amico Sala sta cercando di trovare una via d’uscita, nota agli antichi filosofi Greci come chiagni e fotti.
D’altronde analizza correttamente la vicenda anche il Consigliere del Municipio 7, Franco Vassallo:
“Sala continua a sferzare i milanesi, dapprima insinuando che lo smart working non sia vero lavoro, poi con messaggi inquietanti sul numero dei posti alle scuole materne e asili.
Un’altra preoccupazione per le mamme e papà che lavorano.
Ma com’è è possibile non sapere ancora quanti posti ci siano effettivamente?
Dov’è la Milano che non si ferma del sindaco Sala?
Ha illuso i cittadini per anni, facendogli credere di vivere in una metropoli che non esiste, una Milano, quella reale e non narrata, in realtà ferma al palo da 10 anni. .
Mi dispiace per le notti insonni del nostro sindaco, ma avrebbe dovuto pensare alle priorità come la manutenzione degli edifici scolastici, case, trasporti, sicurezza, manutenzione strade e verde.
Invece ha preferito destinare i soldi dei milanesi a inutili piste ciclabili.
Speriamo solo che non cada un’altra tegola sulle famiglie milanesi, nel vedersi esclusi dalla graduatoria a favore di quel buonismo pensato dal sindaco che ha portato ad avere quartieri ghetti come il quadrilatero di San Siro, via Quarti, via Bolla e via Gola solo per citarne alcuni.”
In sostanza, il punto di tutta la vicenda è che Sala creda ancora che la Milano pre Covid fosse qualcosa di trionfale. No, caro Beppe, se vuoi dormire sereno devi ammettere la radice del problema: la Disneyland che stavi costruendo era solo fumo e fuffa. Non c’era nulla di reale, concreto, forte. E di fronte alla catastrofe il processo degenerativo è diventato inarrestabile. Prima il deserto era un problema delle periferie, adesso ti sei reso conto che il centro e la fascia degli aspiranti ricchi (Isola, NoLo, Città Studi per fare alcuni esempi) stanno addirittura rischiando di più.
È un paradosso, ma nemmeno troppo: la gente sta fuggendo dal cimitero dei sogni infranti. Sala rivoleva i dipendenti in ufficio per salvare bar e ristoranti. Un pensiero, ovviamente, delirante. Eppure ci siamo accorti che sulla mistica dell’ufficio cool in centro, della zona esclusiva e della Milano dei Navigli si era costruito un ecosistema imprenditoriale. Gente che ci ha creduto, ha sopportato prezzi folli. Ed ora è con l’acqua alla gola.
I bar di periferia questi problemi li soffrono meno. Sala dice che siamo tutti in casa, ma qui, fuori dal quadrilatero della moda, la gente esce ancora. Non sta morendo Milano, in sintesi, sta morendo l’immagine distorta che di Milano aveva Sala. La città può ripartire solo da una cosa: la forza dei suoi abitanti. I Milanesi. Quelli normali, perbene, piccolo borghesi. Il Milanese imbruttito ha fatto il suo tempo. E forse è il caso di metterlo in soffitta.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,