C’era una piccola latteria, in zona Magenta, senza pretese, i tavoli di legno scolpiti dall’uso, le sedie un po’ spagliate, la luce fioca per non consumare più del dovuto, un proprietario gioviale, sempre di buon umore. I prezzi erano davvero convenienti e la cucina casalinga era, comunque, saporita e genuina. La scelta della portata era la scelta tra due proposte, ma là ho mangiato i piatti milanesi più gustosi della mia vita.
Scoprivo allora la Milano delle opportunità, degli eventi, dei Musei, dei Teatri, della Cultura. Una Milano gigantesca, da esplorare, da inseguire, verificare, conoscere e chissà, forse, anche da amare.
Mi mancava, per amarla, ascoltare l’umanità dei milanesi, troppo veloci, indaffarati, alla rincorsa di un tempo che non basta mai, così lontani dal silenzio e dalla tranquillità della mia campagna emiliana, dove il tempo dava un senso all’attesa delle stagioni, al profumo della natura e il sorriso era il piacere di stare insieme.
Mi piaceva quella latteria. C’era il calore della semplicità, l’immediatezza della vita. Era un raccontare libero: gli operai dei loro problemi, gli studenti delle loro paure, i clienti occasionali di argomenti estemporanei, così, tanto per dialogare.
Ma, alla sera, il tavolino nell’angolo era riservato ad una anziana signora, la fierezza negli occhi, l’eleganza nei modi, il trucco d’altri tempi, un sorriso appena sfiorato. Parlava con un commensale immaginario, raccontava una vita sognata, mangiava lentamente, con qualche sospiro, quando la riflessione nel dialogo era necessaria.
Era la sua invenzione per non essere sola, era il suo modo per nascondere a se stessa, almeno per un’ora, la precarietà e l’indigenza del presente. Dicevano fosse stata molto bella, corista alla Scala, sposata con un violinista.
Dicevano tante cose. Ma poi si alzava, accennava garbatamente al proprietario di mettere sul conto il costo della cena e, silenziosamente, se ne andava. Il proprietario assecondava il gioco, ma sapeva che quel conto non sarebbe mai stato saldato.
È così che ho imparato ad amare Milano.
Nene Ferrandi dal volume “Milano si racconta”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Ma esiste ancora?
non c’è più da molti anni: stava accanto all’odierno Teatro Litta – che all’epoca non esisteva… anche i miei primi anni milanesi giravano da quelle parti: tra l’Università cattolica, corso magenta, la torrefazione alla stazione nord e la pizzeria di via Giovanni sul muro, piccola e economica e scomparsa
Stupendo….complimenti!
Milan le un gran Milan….
Ho letto con immensa commozione e sono ritornata indietro a quando ero ragazza con i miei ricordi più belli.
La Milano che non c’è più, che manca moltissimo ma che appartiene ad un tempo che è stato cancellato con l’arrivo di nuove culture e generazioni, che non ci hanno dato il tempo necessario per preservare cultura e tradizioni. 😢 Non sono Milanese di nascita ma sono cresciuta ed ora quasi invecchiata in questa splendida città che amo moltissimo. Oggi non potrei vivere altrove.
Sono felice di aver letto le sue riflessioni!
Questo è ciò che più manca,che si fa fatica a trovare .fa bene all’anima sapere che esistono forse ancora luoghi comuni molto accoglienti…….
Bellissimo articolo. Una Milano sparita, che ha abbandonato l’inclusivitá in favore dell’ esclusivitá.
Ma in che via si trova?
Quando ero piccolo così era Milano e per ritrovare quello che fu mi sono trasferito in Sicilia. Bellissima dove ancora la vita a un senso. Leggerò il libro. Un saluto a tutti
Avevo circa diciannove anni quando misi pide per la prima volta a Milano, quando scesi dal treno, percorrendo la grande stazione rimasi sbalordito, una belleza di ingeniería e con il trascorrere del tempo ha mantenuto la affascinante bellezza insieme alla città. Dopo circa quaranta anni l’ho scelta per viverci, non credevo che potesse farmi innamorare ma come una vecchia pubblicità è davvero la Milano da bere!
Un paradiso perduto!!!!
Esclusivita’ di chi?
A Milano ce n’e’ per tutti , anche per chi vive a sbafo e delinque.
Piantiamola con questi giudizi morali su
inlusione ed escludione : Milano e l’Italia tutta fanno fin troppo per gente che non ha alcun titolo per essere mantenuta.
Che poesia… cercherò il suo libro, complimenti
Bellissimo,
mi ricorda quando da ragazzo lavoravo in una drogheria e facevo le consegne a domicilio
Fin dagli anni ’80, era apparso un articolo sulla rivista abitare, che segnalava l’ esistenza di questa LATTERIA, dove oltre alla possibilità di acquistare latte e latticini, si poteva pranzare ad un modico prezzo. Da allora, quasi tutte le volte che mi trovo a Milano (ora vivo ad Atene), ci faccio una visitina. Anzi, cerco di arrivarci per le 11.30′ nella speranza di trovare un tavolino libero. Un emozione unica!