Saldi: le date posticipate affossano le vendite. Meghnagi: “A luglio, – 80% degli incassi!

Milano

La scelta di posticipare le date all’1 di agosto non funziona. Almeno a Milano, una città che al weekeend si spopola, e dove i negozi sono pieni di roba che non sanno come smaltire. Lo racconta a fashionmagazine.itGabriel Meghnagi, presidente delle vie associative di Confcommercio Milano, che si aggancia alle evidenze dei numeri. «Dopo un calo degli incassi del 50% a giugno, a luglio siamo a quota -80%».  Come spiega Meghnagi, di media ogni giorno nel mese in corso gli incassi sono in calo dell’80% rispetto allo scorso anno. «Una percentuale legata al posticipo dei saldi, che incide per il 30%, e a cui si aggiungono un -40% per il lockdown e un -10% per la mancanza di stranieri».   È vero, i negozi di abbigliamento fanno a gara a catturare l’attenzione dei consumatori con le scritte sconti, special price, offerte speciali, sconti su articoli selezionati, «ma senza la parola saldi la gente non si fida e pensa che l’affare non sia conveniente», sottolinea Meghnagi.

 Come se non bastasse al weekend la città si svuota, perché chi può fugge verso il mare e la montagna, mentre chi resta non è propenso a comprare a prezzo pieno, perché spesso alle prese con i problemi legati alla crisi. «E certo ad agosto, nonostante i saldi, le cose non andranno meglio. In parallelo si è deciso di abolire il divieto di vendite promozionali, che fino allo scorso anno vigeva nei 30 giorni che precedevano la data di inizio dei saldi. Una scelta che non ha fatto altro che accrescere la confusione.  «Federmoda era convinta che i negozi avrebbero venduto a prezzo pieno, ma è un’idea assurda. Come si poteva pensare che spostando la data di inizio dei saldi la gente, dopo i tre mesi di lockdown, magari in cassa integrazione, avesse così tanta voglia di spendere? Purtroppo è stata fatta la scelta contraria: la soluzione giusta infatti era partire il 15 di giugno».

 «Non sappiamo quante persone abbiano partecipato in realtà al sondaggio – dichiara Meghnagi -. Magari solo poche centinaia di esercenti. Se pensiamo che solo a Milano ci sono oltre 8mila esercizi commerciali nel settore moda, si fa presto a capire quanti sia stato attendibile il sondaggio. «Questa scelta purtroppo è stata fatta da persone che non hanno negozi su strada e girano poco sul territorio».  «Ogni giorno – conclude – ricevo oltre dieci telefonate da dettaglianti che si lamentano perché hanno i negozi stracolmi di merce che devono pagare ai fornitori. Questi ultimi, in caso di insolvenza, non consegneranno la merce autunnale. E sarà un grande problema».

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