Condivisione e collaborazione. Questi i due termini alla base dei comportamenti tra Governo, sua maggioranza e opposizione per gestire la risposta dell’Italia alla grande scelta europea di uscita dalla crisi. Condivisione e collaborazione che ad oggi però non ci sono state. Mancano ottanta giorni alla presentazione del nostro Action Plan. Ottanta giorni decisivi. Ottanta giorni in cui il Governo, la maggioranza che lo sostiene e l’opposizione, in Parlamento, dovranno dialogare e condividere il da farsi, pur rimanendo, appunto, maggioranza e opposizione. Percorrere questo stretto sentiero attraverso un dialogo responsabile è l’unica scelta possibile. Altra strada non c’è.
Il Governo è pronto a chiedere in Parlamento il voto sul terzo discostamento proposto dall’inizio della pesantissima crisi economica e finanziaria che ha investito l’Italia a seguito della pandemia. Si tratta di altri 25 miliardi di euro, che si vanno ad aggiungere ai 75 già approvati con i precedenti due discostamenti di marzo e aprile, che portano così il totale complessivo alla cifra monstre di 100 miliardi per il solo 2020. Una cifra esattamente in linea con quella che noi per primi avevamo ipotizzato all’inizio della crisi, quando ancora il Governo Conte sosteneva che sarebbero bastati solo pochi miliardi per risolvere tutti i problemi. Sbagliando i calcoli, il Governo ha così perso tempo utile e reso ancora più complessa la pesante crisi delle famiglie e delle imprese italiane, a corto di liquidità e di certezze. Il Governo ha scelto di non intraprendere quella politica economica di ‘front loading’, ben nota nella teoria, consistente nel realizzare tutto e subito un unico intervento immediato, in modo da dare certezza e credibilità all’azione di intervento, fornire liquidità immediata alle imprese e alle famiglie, segnalando ai mercati finanziari l’entità dello sforzo del Governo, come fatto, ad esempio da Germania e Stati Uniti. Tempestività, immediatezza e concentrazione dello sforzo sono, infatti, le caratteristiche virtuose di una politica di front loading. Quella che, purtroppo, come dicevamo, questo Governo non ha voluto seguire, con l’effetto che, ora, ci troviamo a fine luglio a dover nuovamente aver bisogno di un altro difficile passaggio parlamentare da 25 miliardi. E questo per quanto riguarda il fronte delle risorse da Bilancio dello Stato.
Sul fronte delle risorse europee, invece, mancano solo 80 giorni alla data ultima per la presentazione dell’Action Plan, che il Governo dovrà inviare alla Commissione Europea se vuole utilizzare i fondi del Next Generation UE Fund a partire da metà 2021. Il quadro si sta delineando, sia sul fronte governativo, dove c’è un dibattito interno alle forze che compongono l’Esecutivo, a proposito di come organizzare l’azione di intervento, sul quale ovviamente il Governo al più presto dovrà fare chiarezza; sia sul fronte parlamentare, secondo le prerogative delle Camere, che sono quelle di indirizzo, controllo e di ascolto. C’è poi l’enorme e irrisolto tema di cosa fare nell’immediato. Se è vero che le risorse europee del NGUE Fund saranno disponibili solo a partire da aprile del 2021, c’è da intervenire subito per venire incontro alle necessità dell’immediato: cassa integrazione, fisco, liquidità per le imprese. Pare che il Tesoro sia a secco e per questo servono altri 25 miliardi, ma per questi ci darebbero già gli strumenti e le relative risorse messe in campo dall’Unione: Sure, Mes, Bei. Esistono già i relativi regolamenti che da subito sono in grado di avviare il processo per l’ottenimento delle risorse al Governo, con minori costi di funding rispetto a quelli delle maggiori emissioni di titoli di stato rispetto al normale rollover. Il Mes sarebbe utile per finanziare il piano sanitario del ministro Speranza, il Sure per riformare i meccanismi di liquidazione della cassa integrazione ai lavoratori che, per colpa dell’inefficienza dell’Esecutivo, non la stanno ricevendo ormai da mesi, la Bei per fornire risorse e garanzie per gli investimenti delle imprese. Attingere con pragmatismo e senza inutili condizionamenti ideologici a tutti e quattro i pilastri finanziari europei, senza alcun masochistico ‘cherry picking’, è quindi la via obbligata, anche considerando che, dal prossimo anno, la Bce smetterà di acquistare i nostri titoli di stato sul mercato secondario e, anzi, li comincerà a vendere. Per tutti questi motivi, occorre quindi sincronizzare da subito l’azione del Governo e del Parlamento, con un occhio al calendario e alle esigenze immediate, ai mercati finanziari e alle cancellerie europee, che aspettano da noi risposte serie e nei tempi giuste.
Il Governo decida se far prevalere la sua componente europeista, a trazione Partito Democratico, o quella “anti” a trazione Cinque Stelle. Nel primo caso porti subito in Parlamento i quattro pilastri europei, e salvi famiglie e imprese italiane. Nel secondo, l’Italia è destinata a passare un autunno caratterizzato da chiusure di massa delle imprese, aumento di povertà diffusa tra le famiglie e da scontri sociali sempre più difficili da gestire. E veniamo all’oggi. Per l’approvazione del terzo scostamento di bilancio, se vorrà contare sull’appoggio responsabile dell’opposizione, il Governo ne dovrà considerare attentamente le condizioni: un “semestre bianco” fiscale con rinvio dei versamenti relativi alle scadenze sospese da marzo a giugno e l’azzeramento delle sanzioni per le piccole imprese e le partite IVA individuali che non hanno potuto pagare i saldi e acconti di luglio, con una proroga di fatto ex post, dopo la scelta del Governo di non concederne una prima dello spirare del termine; la proroga della cassa integrazione; sostegni mirati a fondo perduto per i settori più colpiti e più strategici, come turismo, automotive, Made in Italy, agricoltura e commercio; sul turismo, in particolare, va radicalmente cambiata la presa in giro del bonus vacanze; reintroduzione almeno temporanea dei voucher per il lavoro stagionale nel turismo e nell’agricoltura, per evitare che gli imprenditori siano costretti ad assumere in nero; allungamento di almeno sei mesi dei termini al 30 settembre delle moratorie bancarie per il rientro dai prestiti, perché questa scadenza stabilita lo scorso marzo è ormai irrealistica e rischia di creare danni incommensurabili non solo alle imprese finanziare, ma anche alla qualità del credito delle stesse banche finanziatrici. Insomma, tutto si tiene. Dal voto del centrodestra sul terzo discostamento, a patto di concordare e condividerne i contenuti; all’utilizzo sin da subito dei 3 + 1 pilastri europei, in modo da minimizzare i costi delle nuove emissioni; la strategia di coordinamento tra azione del Governo e ruolo del Parlamento relativamente al NGUE, soprattutto riguardo all’action Plan da presentare entro il 15 ottobre con un pieno e responsabile dialogo col Parlamento. Ottanta giorni questi che dovrebbero iniziare proprio dal mutato atteggiamento del Governo verso l’opposizione, rispetto al che fare con gli altri 25 miliardi di deficit da decidere la prossima settimana, con particolare riferimento ai fondi europei. Insomma, chi ben comincia è a metà dell’opera. Magari dando agli italiani un chiaro segnale che né Governo né Parlamento chiuderanno ad Agosto.
Blog Renato Brunetta deputato Forza Italia
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