Sala ha parlato al Meeting di Rimini, compostamente altero e fiero, con una griglia indubbiamente in testa, ma con la volontà di essere discorsivo, puntando sulla sua autorevolezza di portamento e, secondo lui, di eloquio. Ha parlato de “La città di oggi, la città di domani”. Milano, quindi, nella sua complessità, con le sue promesse, la sua vocazione ad essere prima. Una visione in cui manca l’uomo, l’inserimento di una fascia debole nel fantasmagorico sviluppo sociale, la conservazione e la valorizzazione dell’esistente, la presa di coscienza che le Università impreziosiscono qualitativamente una città, ma non danno pane e casa a chi ne è privo. Ed elenca le necessità primarie che devono funzionare “Il primo piano è che devono funzionare i servizi di base: se tu non hai la città pulita, dove i trasporti funzionano, dove le scuole e gli ospedali funzionano, e questo crea differenza per esempio tra Milano e altre città, manca il presupposto e se non hai quello non vai da nessuna parte.” Sembra una battuta ironica, considerati gli scandali ATM e conseguenti frenate e rullii delle case o spostamenti di fermate bus dall’oggi al domani, o fermate forzate dei mezzi per buche-voragini , o soluzioni fantasiose con bici e monopattini, ma è il continuo paragonare Milano con città straniere che irreale, quando le buche, la segnaletica sbagliata o mancante sono padrone delle strade. Anche giustamente osserva “Non lo dico a mo’ di vanto, ma per spiegare cos’è Milano: oggi Milano raccoglie il 30% degli investimenti di stranieri in Italia, ha raccolto l’anno scorso il 48% di tutti gli investimenti immobiliari stranieri – a Milano il 48% di tutta l’Italia – e fa il 10% del Pil italiano. Non ci si può fermare lì. Io, appunto, penso che i milanesi oggi abbiano un bisogno folle di sentire che la loro anima solidaristica è qualcosa di vero. Questo poi ti porta a dire anche i problemi: di questo momento ne stanno godendo tutti o ne gode di più chi vive in centro e meno chi vive in periferia?” Domanda retorica a cui non ha mai voluto rispondere. Oggi comunque anche in Centro le difficoltà sono tante e la rinascita riguarda tutti, ma come afferma Sala ci vuole una regia che non c’è. Non è possibile elencare le contraddizioni, la sua visione elitaria, l’abissale distanza tra ciò che proietta e le necessità di molti. Al lettore proponiamo il discorso integrale per una riflessione
Discorso: “Grazie, buongiorno a tutti, grazie di essere così numerosi ad ascoltarci. Partiamo da un dato di fatto, nel mondo, non in Italia, la gente vuole vivere nelle città. Giusto o sbagliato, che ci piaccia o non ci piaccia questa è la tendenza, la gente va a vivere nella città. Perché vai a vivere in una città? Perché, se stai bene, sei in una realtà stimolante, ogni giorno succede qualcosa di nuovo; se non stai bene, perché in generale la città ha più muscoli per gestire un welfare che tende ad aiutarti, specie se hai un figlio disabile, se fai fatica a mettere insieme i soldi per arrivare a fine mese. Quindi è una tendenza attuale. Certo, questo porta anche a situazioni che a noi fanno anche un po’ paura, come le megalopoli da trenta milioni di abitanti in Oriente. Per fare una buona città, serve lavorare su tre piani. Quando hai quello, cioè quando funziona, è chiaro che i tuoi cittadini cominciano a dire: «E poi cosa succede?». Bisogna guardare al futuro, noi ci stiamo guardando e quello che stiamo facendo adesso è immaginare un po’ una Milano del 2030, una città diversa. Io poi sono un teorico del fatto che le città come Milano con ventisei secoli di storia, danno sempre il loro meglio quando accettano le sfida del cambiamento. Il cambiamento è sempre qualcosa di positivo, che poi va gestito. Quindi ci vuole la visione a lungo termine. Poi c’è un terzo piano, che è la narrazione della città, che è una cosa che i politici spesso fanno fatica a mettere a fuoco, ma narrare la città, raccontare Milano in Italia e nel mondo e spiegare perché è un esempio virtuoso, aiuta moltissimo. Ed è qualcosa di non semplice ma che aiuta a costruire un po’, anche nell’immaginario di tutti, quello che è la città. Ed elenca
Ora Milano ha queste tre caratteristiche, però è chiaro che c’è un elemento fondamentale che a mio giudizio, e qui comincio a entrare nell’analisi politica di “perché Milano” e di “cos’ha Milano”, ci dev’essere un modello politico forte. Quello su cui io sto cercando di lavorare, quello che è veramente il nostro intento, è costruire una città che si basa sulla gestione di sviluppo e solidarietà. Perché poi tutti i problemi (o tutte le opportunità) stanno lì. Non credo che oggi i milanesi possano essere felici di vivere una città che colleziona record, che aumenta continuamente i turisti. Non lo dico a mo’ di vanto, ma per spiegare cos’è Milano: oggi Milano raccoglie il 30% degli investimenti di stranieri in Italia, ha raccolto l’anno scorso il 48% di tutti gli investimenti immobiliari stranieri – a Milano il 48% di tutta l’Italia – e fa il 10% del Pil italiano. Non ci si può fermare lì. Io, appunto, penso che i milanesi oggi abbiano un bisogno folle di sentire che la loro anima solidaristica è qualcosa di vero. Questo poi ti porta a dire anche i problemi: di questo momento ne stanno godendo tutti o ne gode di più chi vive in centro e meno chi vive in periferia? Su questo tema di sviluppo e solidarietà si basa un po’ la politica di Milano. Perché Milano funziona? Qui arriviamo davvero al punto fondamentale. La politica fa la sua parte, un buon sindaco e una buona amministrazione possono fare la loro parte, ma quando, invece, c’è una città in cui tutti fanno la loro parte, allora le cose funzionano. E Milano è così, cioè a Milano le Università fanno la loro – tenete conto che noi non ci vantiamo mai di essere una città universitaria, ma quando hai 200mila studenti universitari su un milione e 400mila di popolazione, sei come Boston, sei una città universitaria.
Allora, quando vivi una realtà in cui c’è più la tendenza a dire: «Io mi prendo cura di qualcuno e faccio la mia parte», tutto diventa più facile. Un buon sindaco o una buona amministrazione si mettono più in un’ottica di regista che cerca di dire: «Sì, è possibile» o «dimmi che bisogno hai» o «dimmi cosa posso fare per te», e non «ti dico io cosa devi fare». Questo è un po’ il punto fondamentale di Milano. Sulla visione futura, quello che voglio dirvi, è che, sapendo che ci sono una serie di cose che funzionano, in realtà il mio pensiero va per l’ottanta per cento alle cose che ancora non funzionano e che sono: 1°) che di questo momento non ne hanno goduto ancora abbastanza tutti i cittadini milanesi, ma qualcuno ne ha goduto decisamente più degli altri; 2°) che c’è un tema ambientale importante su cui vogliamo fare la nostra parte, non parlare di ambiente così, a cavolo, ma fare delle azioni, spingere le nostre municipalizzate (o ex municipalizzate) a cambiare. Per esempio, Atm (azienda trasporti di Milano) in dodici anni cambierà tutti i mezzi e fra dodici anni Milano avrà solamente autobus elettrici. Ma anche le piccole cose: il primo giorno di scuola, cioè il 12 settembre, vado in una scuola e con me altri in ogni scuola e a tutti i bambini delle elementari e delle medie consegniamo una borraccia di alluminio, proprio perché vogliamo fare una battaglia contro la plastica; poi chiederemo alle scuole di togliere i distributori di acqua in bottigliette di plastica e poi convinceremo i bambini che l’acqua del sindaco è buona.
Ci sono le grandi azioni e c’è il simbolismo. Tutti noi pensiamo che Milano sia un modello positivo, ma è anche una realtà in cui tante cose sono ancora da fare. L’ultima. Se siamo una città giovane, in cui ci sono tanti studenti universitari, un problema c’è: oggi trovar casa a Milano ad un prezzo decente e gestibile per un giovane non è facile, però non è che citi solo il problema, cerchi la soluzione. A Milano ci sono sette ex-scali ferroviari abbandonati. Noi, dopo anni, abbiamo approvato in Consiglio comunale la delibera che dice: «Guarda, caro proprietario dei terreni e delle aree ferroviarie dello Stato, tu puoi fare quasi quello che vuoi, però lasci il 55 per cento a verde e, se fai residenziale, devi lasciare il 30 per cento a edilizia convenzionata a prezzi bassi».
Infatti, siamo coscienti che se Milano è la città attrattiva per i giovani ma non si trova casa, siamo punto e a capo. Quello che voglio dire è che c’è una profonda consapevolezza dei problemi, ma ci sono delle vie e qualcosa che vorrei avesse un po’ di più anche il nostro Paese.”
Link per il video https://youtu.be/4hYkQ7myfNI
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano