Sempre caro mi fu lo screen luminoso
ed il wifi che da tanta parte nell’hating
social la verace identità esclude
Ma sedendo senza mascherina, mirando interminate
strade senza auto eppure inquinate
E vetrine chiuse di là da quelle
E sovrumani cilalecchi tv sulla quiete virale
io nel pensieri vedo attori finte vittime
di strage; anche se a cor avvisato e garantito
Odo stormir le ciabatte di lavoratori casalinghi
al di là delle piante e dei terrazzi
l’infinita vacanza, gli inutili operati
Vo comparando, nell’infinito schifo provato
per gli altri al silenzio delle
passioni, le morti news uguali alle vive,
Vo convergendo alla perenne vacanza
la presente emergenza, inestimabile
dove s’annega ogni inutile istinto
Tra miriadi di morti inesistenti
ed il dono di quiete profondissima
mentirmi m’è dolce con il virus
Il 90% ed il 95% in talune parti del paese e del mondo non sono stati contagiati dalla nuova peste. Medesima percentuale, 90% e 95%, corrisponde a coloro che non muoiono di fame, non sono poverissimi, anzi nemmeno poveri, con almeno la proprietà di un immobile oppure con almeno una, nella cerchia familiare, delle 25 milioni di pensioni esistenti nel paese. Questi 90% e 95% si accingono con prudenza, circospezione e paura a riemergere dalle tane nel loro mondo che in vasta parte è rimasto in realtà intonso. E proprio perché appare loro tanto immutato, si riarcignano ancora più in una dura diffidenza, viste le continue prove ricevute in audio e video della coesistenza del day after. Sentono sulle spalle il peso delle povertà invocate nei notiziari e temono di vedervi il proprio futuro, anche mentre sgambettano sull’ipertecnologica cyclette acquistata da poco in remoto che misura anche il loro grado di inquinamento sia di macchinario che di flatulenze.
Di tutto, è la pubblicità che li stende più di tutto. La pubblicità che invoca paura mentre parla di solidarietà e che indica vergogna mentre plaude alla carità. Si chiede di fare la spesa in agricoltura naturale contro quella fatta, a quanto sembra, di plastica, che non risulta scientificamente digeribile. Si chiede di munirsi di pannolini assorbenti la pipì, fondamentali quando si balla, ma ovviamente in una danza solitaria a una distanza superiore al doppio del normale, perché anche nelle scatenate danze single magari videotrasmesse sui social si diffondono goccioline di sudore. Si pretende di invogliare alle creme antirughe di eterna giovinezza perché ogni tre un guadagno verrà devoluto a un ospedale di primaria grandezza dove magari collabora anche il chirurgo plastico. E come non comprare l’auto fatta in Italia per salvare l’industria? Regina pubblicitaria, in nome della tradizione biscazziera dello Stato, la pubblica amministrazione non ha mancato un minuto a ripetere la richiesta di danaro da affidare alla mano destra perché lo possa dare alla mano sinistra, così che la sinistra lo giri ad un piede e poi all’altro, e quindi alle due ginocchia e a quelle alle due spalle per giungere infine alla bocca ordinante il bonifico a favore di un aiuto operativo. Spesso però l’intoppo di un falso balbettio riporta la donazione alla mano destra che ricomincia il suo gioco di prestigio.
In second’ordine 90% e 95%, mascherati e guantati, sterilizzati e disinfettati, sgranano gli occhi sui telegiornalisti, sui politici, sugli attori e su tutte le neoforme di vippetteria che raccomandando massima clausura, si aggirano, per il mondo recluso, in assoluta libertà, a mani, nasi e bocche libere, di fianco, di profilo, di fronte, seduti o appiedati, quasi che tutte le regole inflitte non li coinvolgessero. Di peggio forse le forze dell’ordine capaci di calare a stormo su solitari spiaggiatori o sugli ultimi viaggiatori scesi, soli soli, dai treni notturni. Incapaci di muoversi in meno di quattro sui malcapitati, soffiando domande nei timpani e sulle nari, non riescono a non creare assembramenti ad un contemporaneo controllo di tre autocertificazioni che richiedono l’impegno di almeno una quindicina, se non di più, di svariate uniformi, in una piccola folla che, per tema di fuga, finisce di stringersi tra l’aiuola e la panchina, tra le rotaie e l’obliteratore, tra il minuscolo marciapiede e la selva di auto parcheggiate.
90% e 95% sono poi sbigottiti alle candide ammissioni della classe dirigente. Quello che ricorda che sono calati i furti nella chiusura totale. L’altro che non vorrebbe rivedere le strade intasate di traffico. Il terzo che nota che non s’è mai vista un’Italia così pulita, inclusa la capitale, con tutto che l’azienda della nettezza urbana è riuscita, malgrado il periodo di fermo, a farsi mettere sotto processo. E gli elogi per i monopattini, le bici e magari alianti, tutti utili a ricordare che l’epidemia deve avere un’origine eziologica etica, per condurci ad una nuova morale. Dimenticavo, durante il lockdown sono cresciuti i suicidi; nel mondo hanno ucciso più dell’epidemia.
90% e 95% per qualcosa provano gratitudine. Non li hanno più ossessionati coi siriani; erano milioni spinti dai turchi in Europa e, tò, sono spariti. Anche della Libia s’è saputo pochino mentre gli sbarchi clandestini sono continuati malgrado i provvedimenti del governo, molto più repressivi dell’immaginato peggior Salvini. Pci hanno provato a lungo a farne egli untori, ma loro nulla non si ammalavano, non si contagiavano, al massimo morivano in mare. A forza di assemblarli in hot spot umidicci e sporchi già prima della presenza dei malcapitati finalmente anche gli immigrati si sono integrati nell’epidemia generale e ineluttabile.
90% e 95% ringraziano, quest’anno salvi dall’8 marzo, senza mimose, sorellanza, cerimonia quirinalizia di fronte alle nude pudenda ragnatelose di rancide cinquantenne; salvi anche dai femminicidi – 14 morti dall’inizio dell’anno, 75 nel 2019 – passati a ottava notizia dei tiggi, assieme all’albero assassino che ha ucciso in un campeggio due povere bambine. Anche l’Europa è sparita nella foschia generale cerebrale; si sa che darà tutti i suoi frutti e centinaia di miliardi; non è più trista, insolidale, egoista, a frontiere chiuse, voli bloccati, turisti quarantenati. Il drole de virus, che non uccide più ma contagia a milioni, scatena la corsa ai vaccini e al controllo sociale anche in Francia, Germania, UK, Spagna. Una nuova e proverbiale emergenza, ora che le popolazioni anziane non hanno più il vigore di crearne alcuna, tiene l’esoscheletro del potere senza più pensiero e ideologia, speranze e mission.
I contagi fanno scordare i cassintegrati senza cassintegrazione, la deurbanizzazione, la scomparsa del commercio materiale, l’avanzante disoccupazione. Tutto scompare davanti alla diffusione dei tamponi in fondo al naso e alla gola, alla guerra dei vaccini, agli strilli degli assembrati di dovere e piacere, alle trombe delle mascherine indossate con la serietà del Gatto e della Volpe.
Finalmente il 90% e 95% possono sentirsi in pace con se stessi schifando l’umanità ed i suoi discorsi assurdi, tipo non assembratevi se non consumate e tenete le mascherine in piedi ma toglietele da seduti.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.