La Milano Fashion Week si apre con pochi buyer e turisti stranieri. Capasa: per il settore si prospetta un calo tra il 25 e il 30% rispetto al 2019.
Cuore, grande forza e unità. Questo è lo spirito con cui si è aperta la Milano Fashion Week 2020, la versione “phygital” della kermesse meneghina, studiata e strutturata per rispondere alle esigenze dell’emergenza sanitaria, con un’alternanza di appuntamenti in presenza e digitali. Una sfida in cui la Camera Nazionale della Moda Italiana ha creduto molto, forte del successo della “Digital Fashion Week” del luglio scorso, nata con l’obiettivo di dare un segnale di ripresa ai mercati sui quali si affaccia l’industria del “made in Italy”.
Un segnale ora più che mai necessario in un contesto economico non particolarmente roseo per un settore strategico per l’economia nazionale, capace di generare intorno ai 30 miliardi di euro di saldo positivo ed esportarne oltre 70, attestandosi con il 41% tra i big europei relativamente alla produzione tessile, abbigliamento e accessori davanti a Germania (11%) e Francia (8%). Nel primo trimestre 2020 le esportazioni hanno registrato una contrazione più marcata verso i principali mercati asiatici, Cina e Hong Kong, i primi ad essere coinvolti nella crisi sanitaria, salvo poi estendersi a livello globale. Se il trend generale verrà confermato, come ha osservato Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, per il settore si prospetta un calo che oscilla tra il 25 e il 30% rapportato al secondo trimestre dello scorso anno. L’auspicio è che il 2021 possa segnare un cambio di passo verso una ripresa definitiva dell’industria della moda.
Nel frattempo il “made in Italy” punta sull’innovazione digitale per consolidare il suo posizionamento sui mercati e arrivare in quei paesi nei quali persistono limitazioni agli spostamenti. La Milano Fashion Week risente infatti della mancanza di buyer e turisti stranieri: “Le piattaforme sono una rivoluzione nel mondo della moda, abbiamo imparato che il digitale serve molto ad accorciare le distanze e in questo momento è stato essenziale – ha sottolineato Capasa dai microfoni di Skytg24 – stiamo lavorando molto bene in Cina dove il business è completamente ripartito da giugno e addirittura si fanno numeri superiori rispetto allo scorso anno, grazie al digital abbiamo potuto mostrare le nostre collezioni e venderle”. L’edizione interamente digitale della fashion week dello scorso luglio ha realizzato ben 16 milioni di utenti, questa “phygital” punta a superarla con l’obiettivo di raggiungerne 20 milioni.
Ma l’innovazione è solo uno dei punti della strategia per la ripresa. Già a giugno il presidente della CNMI aveva chiesto al Governo un piano ad hoc per il settore da articolare su quattro aree tematiche: mercato del lavoro, con un abbassamento dei costi a salvaguardia dell’occupazione, sviluppo del digitale, aiuti alla catena retail e incentivi ai brand che investono in ricerca e sviluppo. Un piano necessario soprattutto in considerazione del fatto che l’industria della moda coinvolge molti altri settori quali, appunto, il retail e terziario e una serie di professionalità complementari fondamentali per il funzionamento del sistema. Preservare l’intera filiera della moda è infatti l’obiettivo sui cui si sono concentrati gli sforzi di CNMI, Confindustria Moda e Altagamma nel redigere la proposta congiunta indirizzata al premier Conte, atteso in questi giorni alla settimana della moda milanese.
Micol Mulè
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