Stela e quella voglia di vita che solo l’ossigeno di una bombola riesce a placare. Una donna di 49 anni con due figli adolescenti, la capacità del coraggio che non conosce limiti, l’infinita attesa per una soluzione alle difficoltà, il sommesso grido d’aiuto che una volontaria della Comunità di Sant’Egidio ha saputo ascoltare.
La sua storia è la realtà degli indifesi, della sofferenza silenziosa, della conquista di piccole cose essenziali. “Grazie alla Comunità è riuscita anche ad ottenere l’alloggio popolare lo scorso agosto, e anche la pensione di invalidità a inizio 2020 – racconta a Repubblica Loconsolo, la volontaria – da tempo avrebbe bisogno del trapianto, ma prima non le era stato fatto perché viveva in una baracca e la riabilitazione necessita di un luogo salubre”. Già, perché Stela è malata, ha la sindrome di Mounier Kuhn e avrebbe bisogno di un trapianto di polmoni; ma ha contratto il Covid, così anche il figlio più grande, quello più piccolo, di 12 anni, no.
Al mattino quell’ossigeno più che mai è vita, è rapporto con l’esistente, è forza di lottare anche per il futuro dei figli. Ricoverata lunedì in ospedale nel reparto infettivi è stata dimessa al giovedì con la prescrizione della bombola con l’ossigeno. La situazione necessita una soluzione: il figlio piccolo impara a far funzionare l’ossigeno, un atto di amore che sa dare la vita. Uno scambio di promesse, forse, e di speranze, ma le contraddizioni non mancano: perché un bambino negativo al Covid deve, viste le assenze e le circostanze, assistere una madre positiva? Anche questa è Milano, anche queste vittime della pandemia e della povertà sono una denuncia. Vivono al Giambellino, ora in un appartamento di 49 metri quadrati, dopo aver conosciuto il passare del tempo in una baracca.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano