Nell’ambito di Città metropolitana, solo la metà delle persone prese in carico dai centri per l’impego ha sottoscritto il patto di servizio, le altre esonerate. Non decollano nemmeno i PUC.
Che il reddito di cittadinanza si stia rivelando in modo evidente un flop, è ormai risaputo. Un milione e duecentomila percettori e soli 200mila occupati è la fotografia dell’utilità della misura bandiera dei 5 Stelle alla quale si aggiunge anche il pessimo risultato dell’impiego nel sociale, come previsto dalla legge, dei beneficiari del Rdc.
Stando agli ultimi dati relativi all’ambito di Città metropolitana, a fine settembre si contano 33.256 beneficiari destinati ad essere presi in carico dai centri per l’impiego del territorio per avviare l’iter che dovrebbe – almeno sulla carta – concludersi in un uno sbocco professionale. Per il momento, le persone effettivamente prese in carico sono soltanto 4.482 su una platea di 10.287 convocate dall’avvio del reddito di cittadinanza, lo scorso anno, ad oggi. Dei 4.482, circa la metà ha aderito al patto di servizio necessario per il ricollocamento lavorativo, mentre la restante parte ha potuto godere di una sorta di esonero temporaneo per motivi particolari, di cui il principale risulta il “carico di cura dei familiari”, altri ancora non rientrerebbero nemmeno nell’obbligo di sottoscrizione.
Passi l’emergenza sanitaria, che ha inevitabilmente bloccato il meccanismo delle convocazioni per l’avviamento al lavoro, resta comunque il fatto che sul bacino di competenza di Città metropolitana, non si arriva nemmeno a sfiorare la doppia cifra nelle percentuali delle persone che hanno abbandonato l’assistenza e sono diventate parte attiva all’interno del mondo del lavoro. Non tocca infatti nemmeno il 3% la percentuale degli occupati che sono passati da percettori del reddito di cittadinanza a lavoratori, un segnale evidente che qualcosa non funziona, tant’è che lo stesso Di Maio poco tempo fa aveva lanciato l’idea di un “tagliando” della misura per aggiustarne il tiro.
Misura che non decolla nemmeno per quanto riguarda le persone a carico dei Comuni per lo svolgimento dei cosiddetti PUC, i progetti utili alla collettività. Milano tenterà di risollevare il livello attraverso un progetto che prevede il coinvolgimento di circa 200 percettori della misura a sostegno della povertà, per rilevare la temperatura a dipendenti e utenza agli ingressi di alcune delle sedi dei servizi sociali. Un progetto pilota che sarebbe dovuto partire entro la fine del mese di ottobre per poi introdurre gradualmente i Puc, per i quali è in corso un dialogo tra Palazzo Marino, Comuni di dimensioni analoghe e lo stesso ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, finalizzato a definire una linea comune che consenta un’attuazione quanto più possibile strutturata dei progetti. In questo particolare momento, però, l’introduzione delle nuove misure di contenimento dei contagi potrebbe far slittare ancora più in là l’avviamento del progetto.
Nell’ambito dei patti per il lavoro e/o per l’inclusione sociale, i percettori del reddito di cittadinanza sono vincolati a svolgere progetti utili alla collettività all’interno del proprio comune di residenza, per un minimo di 8 ore settimanali fino ad un massimo di 16. Un punto cardine della misura bandiera dei pentastellati che però sta trovando una scarsa attuazione da parte dei Comuni, solo 400 su 8000, infatti, hanno approvato i decreti per consentire l’impiego dei beneficiari del reddito di cittadinanza.
E se Di Maio ha annunciato un “tagliando” di revisione della misura a sostegno della povertà adeguandola “alle attuali esigenze del Paese”, Conte ha rassicurato che per il futuro il reddito di cittadinanza non scomparirà, l’obiettivo del governo sarà quello di migliorarlo nella sua fase di attuazione.
Micol Mulè
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