Milano, primo giorno da zona rossa: l’amarezza degli esercenti

Milano

Crescono le preoccupazioni dei gestori milanesi costretti alle nuove chiusure. Confcommercio Lombardia: Perdite per oltre 3,8 miliardi di euro di fatturato, servono ristori adeguati e tempestivi.

Saracinesche abbassate, dehors senza più sedie e tavolini pronti ad accogliere gli avventori, cartelli di arrivederci a data da destinarsi per salutare la clientela. Il triste scenario di qualche mese fa si ripresenta, stavolta con un carico di amarezza in più. È quella dei gestori milanesi, da oggi, come in tutta la Lombardia, costretti a chiudere le proprie attività a seguito dei provvedimenti che inseriscono la Regione nella cosiddetta zona “rossa”.

L’allerta è massima, come la rabbia e la frustrazione che hanno accompagnato gli esercenti nell’ultimo giorno di attività prima di abbassare, ancora una volta, la serranda senza avere una certezza rispetto a come e quando si potrà tornare ad aprire.

La stretta su Milano rischia di ripercuotersi pesantemente su interi quartieri della città, in modo particolare su quelli diventati un punto di riferimento per le serate dei milanesi, e non solo, proprio grazie alla presenza numerosa di locali. È quello che temono i gestori di bar e ristoranti dell’Isola, storica zona di Milano che si estende all’ombra del Bosco Verticale, testimone, nel corso del tempo, del fiorire di nuove attività commerciali e di ristorazione. Dai nuovi arrivi di cucina fusion allo storico Nord Est Cafè di via Borsieri, dove consumare un aperitivo prima di ascoltare jazz nel vicino Blue Note, chiuso dopo essere riuscito a riprendere il calendario degli eventi, tutti annullati.

“Ciao big family (chiamarvi clienti sarebbe riduttivo). Volevamo, in primis, ringraziarvi tutti per il sostegno che ci avete dato quest’ultima settimana – recita il cartello affisso sulla saracinesca chiusa del Nord Est Cafè – non è semplice per noi dovervi comunicare che saremo chiusi fino al 24 di novembre, salvo nuovi decreti”. Poco più in là è il ristorante Il Pesciolone che avverte la clientela di non poter più proseguire l’attività “fino a quando questa triste situazione non sarà terminata”. Già provati dalle chiusure serali alle 18, per i ristoratori questa ulteriore stretta è un boccone amaro da mandar giù.

Le preoccupazioni sul futuro, però, animano anche i gestori delle attività risparmiate dalle misure restrittive, come i parrucchieri: “È una fortuna per la nostra categoria poter rimanere aperti, ma anche la nostra attività risentirà indirettamente delle altre chiusure – spiega Edoardo, hair director di uno storico parrucchiere di via Borsieri – Abbiamo clienti che abitualmente venivano nel fine settimana per acconciarsi i capelli prima dell’aperitivo o della cena ed ora non le vedremo più con la stessa frequenza”.

Il conto di questo nuovo lockdown si preannuncia salatissimo. Confcommercio Lombardia ha stimato perdite per oltre 3,8 miliardi di euro di fatturato, bruciati con la serrata obbligatoria di molti esercizi commerciali al dettaglio, tra cui la filiera dell’abbigliamento e delle attività di somministrazione. Complessivamente, spiega Confcommercio in una nota, sarebbero costrette a chiudere oltre 100mila attività in tutta la Regione, di cui poco meno della metà nell’area metropolitana di Milano, con una perdita del 9% del fatturato annuo.

“I ristori previsti dal Governo non sono sufficienti: è impensabile non intervenire con nuove misure di sostegno per chi chiude – prosegue la nota – ma è fondamentale che queste misure siano adeguate e tempestive. A rischio c’è la tenuta non solo economica, ma anche sociale della Lombardia e di tutto il Paese”. Questa volta, come ha sottolineato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è vietato sbagliare.

Micol Mulè

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