All’antimafia non piace il rap tedesco

Esteri RomaPost

Si chiama Padrino facile, anzi fazile; un padrino disponibile, che non fa storie, che risponde sempre al telefono, che corre agli appuntamenti, anche quelli proposti last minute.

RAZOR PRALA

Oppure, ed è il vero senso del nickname Eazy Padrino del rapper tedesco Razor Prala, si tratta della carriera facile, alla portata di mano di qualunque ragazzo del Maghreb, che lo trasformi in un Padrino, ovviamente italiano, esempio di stilish criminale, esteticamente avanzato, mito per i popoli del Mediterraneo. Il suo videoclip musicale, Eazy Padrino-Mafia, ha fatto eco, per il colpo di pistola, non due, sparato in aria, dopo 42 secondi dall’inizio del pezzo, verso cielo e mare da una grande terrazza a strapiombo sul mare del Gargano. Era una Glock a salve, ma l’ispirato riff, pronunciato con voce languida, di Mafia, mafia, ha fatto il resto. Per la gioia dei magazine musicali underground tedeschi il cantante è finito in questura, assieme ad un personaggio della clip, un vero pregiudicato, Gianfranco Prencipe, del paese del parco nazionale foggiano del Gargano, Mattinata, che nel filmato, serafico e occhiali scuri, siede, beve il caffè e mostra al rapper come si smonta la pistola.

Razor Prala aveva cantato di peggio, con il suo rap lento, lamentoso e dolciastro, malinconicamente melodico, da arabo in imitazione di Bongusto; aveva inneggiato al Kriminel ed addirittura a Totò Riina. Nel marzo ’18 Razor e Prencipe sono stati oggetto di una vasta operazione di forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia di Manfredonia, Squadra Mobile di Foggia, Squadroni Eliportati Cacciatori, Compagnia Intervento Operativo e Supporto Arma Territoriale) tra perquisizioni e posti di blocco. Finalmente si è svelato l’arcano; Razor non è francoalgerino, anche se lo sembra; non è arabo, neanche turcotedesco. Più fantozzianamente è figlio di emigrante mattinatese in Germania. Dopo i controlli, con il cognome storpiato, poiché non residente in loco, se ne è partito indisturbato, senza alcuna misura repressiva. Il video musicale è rimasto su You Tube; un mistero, il testo, non tradotto e forse intraducibile. Invece il malamente Gianfranco si è preso dal questore di Foggia un Avviso orale, a mutare condotta e ad osservare uno stile di vita rispettoso della legge, pena la proposizione della più grave misura della Sorveglianza Speciale.

Rap tedesco

Da sempre il rap ed il sottogenere trap tedesco si alimentano di un mix di immigrati di diverse origini, arabi, greci, italiani, orientali e coloured le cui origini si perdono nel tempo del duo berlinese dei Daf. Come racconta Simone Mazzilli, c’è il greco Shindy; il turco KoolSavas, disco di platino ’90; il suo protetto turcocurdo Haftbefehl (Russisch Roulette, 2014); l’afgano SSIO, il grosso coatto (aufdickeEier, a palle grosse) Kollegah, che canta Kinge vince un Award con Imperator.

BUSHIDO

Sono criminali, come Bushido, il mafioso antigay di Berlino di 20 anni fa, o Xatar carcerato per una grossa rapina a mano armata. Gangstarap che parlano lo Straßenrap, il rap tedesco spicciolo di strada, mixato in arabo e turco, con tante parole italiane. Questa neolingua Deutschrap viene chiamata kanakisch, dove Kanake è il nome offensivo per gli immigrati sudeuropei; i dago americani in salsa germanica. Haiytiaka Robbery non è stata la prima ma ha fatto colpo; la trapper postpunk usa un italiano stereotipato (Sergio Tacchini / Erdenktichgeh’ zum Tennis / Dochichtrinkenur Martini- lui pensa vada a Tennis / invece bevo solo Martini). Yung Hurn, un austriaco che sembra un italiano mingherlino, la segue (Opernsänger, Cantante d’opera).  Il suo alter ego, fratello fittizio K. Ronaldo, sembra uscito da Gomorra. Nimo, rapper della 358 ideal e Miami Yacine della Kmn Gang, cantano rap di successo sulla Kokaina. L’ultimo, Ce$, è autenticamente calabro di Corigliano con il suo rap italotedesco, Cosa, Cosa Nostra Rapper heutzutagesindnurModeblogger / YacinederPateträgt Gianni Versace wieTupacShakur. Cosa Cosa Nostra, i rapper oggi giorno sono solo fashion blogger / Yacine, il Padrino, veste Gianni Versace come TupacShakur.Bratello(mix del bosniacobrate con fratello) Ce$, spacca e spaccia, parla di mafia, Corleone, rispetto e fratelli (Italenischer Bando, StylischerGuapo   Gefragtwie El Chapo / Ichustlefür Pesos, fürmeinebratellos. Glass vino im studio / Next level il Guapo / Ganja, mangia vitello / sippe San Pellegrino).

Il ritorno del figliol mafioso

Ai margini delle grandi case come Universal o delle stimate indipendenti come Azzlackz, anche Razor si cimenta, accanto ai colleghi, sia rapper che produttori Cato (Lied vomBandit), Korkmaz&Beats in questo filone kriminel, sotto il brand Nerozlato e la regia video di Mitmanski. Nella Straßenrap l’italiano risulta posticcio; non è la lingua locale né quella degli ultimi arrivati. Ha però il ruolo fondamentale dell’immaginario mitico positivo. I nomi dei brand italiani, degli attori, persino delle figure realmente esistite richiamano ricchezza, abbondanza, forza, dominio, sole, bel tempo, un alter locus, avatar dell’esistente, paradiso in terra, dove i mafiosi assurgono a unici eroi oggi esistenti, buoni per la dolce vita come per la gangstatrap. Quello che non possono fare i rapper di colore Usa, figli dei nemici storici dell’antica mafia di strada, lo possono sognare i rapper tedeschi immigrati, che hanno interiorizzato il mito tedesco del sole meridionale. E’ puro dadaismo fare della milanese via Montenapoleone, centro dello shopping tour di moda, lo Strassen Bronx italiano nella simultanea idealizzazione della shopping city italiana accomunata al centro del dominio criminoso. Per poi subito ristabilire le gerarchie, No americano parlo italiano. Le clip di Razor meriterebbero un premio dalle nostre agenzie turistiche; capi firmati, gadget di grandi brand tricolori, tavole imbandite all’italiana (o come in Germania si immaginano debbano essere) si susseguono mentre il rapper gorgheggia di Borsellino, Lucky Luciano, Gambino, De Niro, Al Pacino, Valentino, Tony Suprano, Lamborghini Diablo, Tony Cassano, Albano, Celentano, Salvatore Giuliano, Shopping a Milano, Casino, Padrino, Bandito, Assassino, tutti nomi e termini recitati a filastrocca, senza una reale comprensione o contestualizzazione se non quella dell’onnipresente piovra dell’impero di Mafia, parola che Razor, in quasi tutte le canzoni, e come lui, molti altri come abbiamo visto, ripete ipnoticamente, quasi come invocazione islamica. La mafia, in questi rap tedeschi che solitamente parlano di armi e di voglia d’omicidio, è una cartolina. Camice azzurre eleganti, bei orologi pesanti, grossi cani, tazzine di caffè, magnifici residence estivi tra gesti ed ammiccamenti più da mafiosi russi che da italiani.

Spot per Mattinata

Il figlio dell’emigrante è tornato dai suoi antenati, a Mattinata; lungo la provinciale 53 del Gargano, nel panorama magnifico di grandi rocce solubili e grotte marine, di anfratti e frane, di promontori altissimi e insenature sabbiose, di pinete mediterranee ed enormi spiagge, fino a 40km sotto Vieste. In visibilio perché conscio di essere in terra di famiglia, in terra di mafia. Cosa certificata da Mininterni, Tribunale di Foggia e Tar del Lazio che tra ‘18 e ’19 hanno sciolto il Comune di Mattinata per mafia, in compagnia delle località foggiane di Manfredonia, altro centro del parco del Gargano, Monte Sant’Angelo e Cerignola. Il ’19 è stata una grande annata antimafia d’altronde; 51 enti commissariati dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Solo il brindisino ne è uscito pulito. Naturale che il clip di Razor diventi pretesto per uno spot pubblicitario istituzionale a rebours sul bel centro del Gargano, dove sono cammei l’anziano che arranca per le strade della cittadina, il malamente pettinato e occhialato come un dolcegabbana, la terrazza a picco sul mare blu intenso. Il rapper appare intimidito, mentre risale trepido le stradine, con il suo borsello a tracolla, quasi neofita dell’Onorata società, cui aspira senza conoscerla. Al paesino, rappresentato come una pulitissima Baden Baden,non resterebbe che ringraziare. Oltre l’omaggio tedesco, ha una sola fortuna, l’immunità al Covid; non un contagio nell’incredulità dei suoi seimila abitanti, che credono dipenda da clima, isolamento geografico e fatture magiche.

Per il resto Mattinata è sfortunata e dà sui nervi alle autorità. Non fosse altro che non si fanno accertamenti antimafia e solo 3 fornitori comunali su 60 sono certificati; non si fanno manifestazioni antimafia, non si appongono targhe, non c’è un’associazione studentesca all’uopo ed anche i vigili urbani non mostrano ardimento (… agenti della Polizia Municipale, alcuni dei quali censurati ed altri che sono stati vittime di reati, senza tuttavia denunciarli, ovvero denunciandoli senza tuttavia fornire alcun elemento utile alle indagini).Quello dei vigili è un triste capitolo, soprattutto per le assunzioni estive dei vigilini, eseguite da diverse giunte, e, come spesso avviene in tutt’Italia, fatte fra parenti. Fra il ’13 ed il ’15nel comune garganese li scelse la funzionaria comunale, moglie di un amico di pregiudicati la quale pescò, naturlich, tra i disoccupati, che non potevano che essere tutti imparentati mariuoli.

Prencipe di Mattinata

Parenti o no, a Mattinata si chiamano tutti Prencipe. C’è Gianfranco, quello dell’avviso orale; ci sono il sindaco piddino del 2010, Lucio Roberto ed il vicesindaco, il forzista Raffaele; e c’è il sindaco del’14, Michele forzista eletto con i voti piddini dei Campo e dell’architetto Bisceglia. A Mattinata non solo si chiamano tutti Prencipe ma fanno anche alleanze Pd-ForzaItalia che prestano il fianco a dicerie del tipo Michele che ubbidiva sempre a Lucio Roberto, anche quando quest’ultimo era passato in Leu e Raffaele nel Pd. Tutta la politica locale è passata così nel frullatore; d’altronde tutti sono imparentati con tutti, si conoscono tutti e si incontrano nell’unica piazza anche per un certo isolamento di vie di comunicazione. Lo dice anche il Tribunale, il Comune in questione è molto piccolo, circa 6.000 abitanti, per cui è non solo ragionevole ma fisiologico che organizzazioni criminali così ampie, così capillarmente diffuse e tanto potenti, abbiano esponenti imparentati con amministratori locali o siano direttamente coinvolti con la gestione della cosa pubblica. Nel giro infinito delle parentele, il più imparentato di tutti era un certo Gentile detto passaguai, pregiudicato e già sorvegliato speciale, del clan Romito. Suo il familiare, socio di un assessore e di un consigliere comunale in una Ong; suoi i parenti stretti costruttori dello stadio, utilizzato, senza agibilità, dove i lavoratori erano tutti malamente; sua la comune appartenenza al clan Romito con al l’amicizia con l’ex consigliere comunale, Armiento,  e concessionario del chiosco nella villa municipale che poi era suocero del Gianfranco, di cui sopra, membro dello stesso clan del Gentile. Il quale però nel’19 venne ucciso a 51 anni. Il Tar nel giudicare il paesino ha scritto di clan feroce ed efferato, la Prefettura di quantità di omicidi, tentati e consumati, ancora più impressionante se rapportata alla popolazione. Risulterebbero però solo un assassinio nel ’19 e 5 nel ’17 (il pregiudicato Silvestri del clan Li Bergolis; il capoclan Romito, suo cognato De Palma e i contadini fratelli Luciani, caduti della strage di San Marco in Lamis avvenuta nell’interno, oltre il santuario di Padre Pio di San Giovanni Rotondo).

Accusatori

Si penserebbe che le accuse di mafiosità vertano sul business della droga, visto che il budget comunale tutto incluso era di 35 milioni con gestione di cassa di 5. L’attenzione però non è sul traffico di stupefacenti con i clan dell’Albania, erede del contrabbando di sigarette, quanto su un appalto di illuminazione pubblica, contestato al sindaco Michele dall’ex assessore, D’Apolito,

Il prefetto Di Bari

dimessosi nel ’15 (per i gravi e reiterati episodi di stravolgimento delle delibere di Giunta da parte del sindaco), figlio d’arte (il padre, il poliziotto Bartolomeo, sotto processo per violenza privata, avrebbe intercettato il sindaco nella masseria di un boss). Il grande accusatore però è stato il prefetto, Di Bari, mattinatese ed anche sindaco di centrosinistra nei ’90. Suo fratello, il piddino Biagio era in contrasto con il sindaco Michele che aveva ridimensionato suo cognato, il dirigente finanziario comunale, Minuti che sembra non curasse il rientro di determinati crediti. Il Prefetto invece voleva che il Comune chiudesse due circoli privati del clan Romitoscandalosamente frequentati dai dipendenti comunali. Finché i carabinieri nell’estate ’16 fanno un controllo documenti al chiosco tra Lido Oasi e Lido Monte Saraceno, in affido comunale da molte giunte, per interposta persona, al pregiudicato Scirpoli, fratello della locale segretaria Pd. I 30 presenti a cena sono la solita umanità riscontrabile a Mattinata, consiglieri in carica ed ex tali, operatori turistici di Monsignore fino a Baia dei Faraglioni e membri di clan. L’informativa, per chi sa leggerla, è un possibile ritratto di Cupola, anche se sul momento passano guai solo due malcapitati secondini. Il derby tra primi cittadini partorisce una dura relazione dove tutti i tasselli si affiancano, dalle concessioni chioschi ai vigilini, dal non rispetto di diverse normative di settore agli affidamenti diretti a persone vicine (di casa? parenti, amici, sodali, criminali e presunti tali, compagni di calcetto?). Scrivere di Cupola per questo microcosmo sarebbe stato esagerato; si preferisce definirla batterie che controllano settori di attività illecita, quali il traffico di sostanze stupefacenti e le estorsioni, con … una serie di omicidi e tentati omicidi….comune denominatore …il senso di impunità….

Insaputa

LIBERA SCIRPOLI

Su tutto ciò il Pd si mette nei guai; l’ex sindaco Lucio Roberto difende la segretaria Pd Libera Scirpoli, rea di essere sorella del fratello del chiosco. La notizia approda in Rai ed è buona per polemizzare con l’allora segretario Pd, Renzi. Il buon Cazzullo non esita e tuona (Rai 2programma Nemo), Se fossi in Renzi cambierei subito il segretario di quel Pd. La Libera si dimette a favore dell’operatore turistico Santamaria, il fratello va in galera. Data la visibilità nazionale, però, la misura è colma; la mafia accertata. La relazione diceva, Ovviamente, laddove le classi politiche locali tendono ad agevolare i disegni di infiltrazione mafiosa o, quanto meno, restano colpevolmente o anche per semplice ignavia inerti, il risultato inevitabile è il progressivo consolidamento delle organizzazioni criminali e l’acquisizione di un controllo del territorio anche sotto il profilo delle attività economiche, con conseguenze distorsive sull’armonioso sviluppo delle comunità. Il Tar ammette, non sapendo chi fosse colpevole, che il condizionamento mafioso sia esercitato da dipendenti all’insaputa degli amministratori o da alcuni degli amministratori ad insaputa degli altri…non c’erano condotte illecite caratterizzate da coscienza e volontà; ma ..la constatazione che l’attività dell’ente risulti asservita, anche solo in parte, agli interessi delle consorterie mafiose, giacché tale constatazione denuncia che l’organo politico non è in grado, per complicità, connivenza, timore o mera incompetenza, di prevenire o di contrastare efficacemente il condizionamento mafioso. Mafia accertata ma a sua insaputa. Dopodiché il Pd se ne esce con un comunicato che lo sputtana ancor di più. Di Bari fa una splendida carriera; lascia il paese naturale per prefetture sempre più importanti, come Reggio Calabria fino alle polemiche con il governatore siciliano Musumeci per la gestione dei centri per immigrati. Malgrado la continuità, come si legge nella sentenza che ha caratterizzato la conduzione dell’ente. La Cassazione con molta immaginazione nella sentenza 31334\17 condanna quasi tutto il clan Romito (Scirpoli, Ferro detto Gino di Brancia, Mario Luciano Romito, Gentile, Quitadamo Baffino e Iannoli) preso in castagna con pala gommata, armi da guerra e maschere per un tentativo di furto come fosse stato realizzato. Non viene tirato in mezzo il clan rivale Li Bergolis. Ma tutto questo, Razor non lo sapeva. La vita da bandito non è giusta ma ogni momento deve essere goduto tra notti selvagge con bonitas e fuga dal potere statale. Felice, da underground turista tedesco, ha visitato una terra di mafia che non l’ha deluso, dove ha incontrato i boss e che l’ha persino inquisito. Ed ha riportato intatto il mito della mafia alla Scorsese in Germania.

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