Tralasciando una parte più generale, riportiamo i passaggi che riguardano la politica italiana
Il virus colpisce con virulenza imprevista (almeno dalla politica e dagli scienziati che la politica s’è scelti come consulenti) e le risposte sono apparse alla pubblica opinione incerte. Ha pesato il ping pong circonfuso di fumo sulle decisioni da assumere intorno al lockdown morbido, con un palleggio non proprio edificante di responsabilità tra governo centrale e regioni. L’esito è stata la palla fuori campo delle regioni colorate dai toni cangianti. Oltre al solito Dpcm. L’onda trascina a riva i detriti del disagio della gente, del mondo dei professionisti, dei commercianti che non possono più tirar su la saracinesca, dell’imprenditoria piccola e media colpita a morte. Solo l’opposizione ripete stancamente e in modo praticamente inoffensivo, il suo verso. Mentre sta pesando lo scalpitio dei sodali di governo- Pd e Renzi in particolare – che sembrano vivere con disagio il destino di deuteragonisti in una piece in cui non riescono a toccare palla. In attesa di portare a casa il risultato più grosso, quello del Presidente della Repubblica nel 2022, rischiano di rimanere come i pastori del presepe di fronte al bambinello.
E allora squilli di tromba s’odono da parte di autorevoli opinion maker del Pd, come Bettini, che dice qualcosa di sinistra, ma che può non piacere a Conte. C’è un punto, però, che sembra non essere sufficientemente chiaro ed è quello dell’ineluttabilità oggi di Conte premier: il suo essere senza partito, la sua aura di “tecnicità“, la sua flessibilità, nel periodo storico che celebra non la forza, non la capacità di aggregare consenso, ma sopra ad ogni altra qualità soprattutto la resilienza, Conte appare come le colonne d’ Ercole della legislatura. Après moi le déluge, dunque, almeno fino a quando durerà l’anormalità del coronavirus. Ecco: nella casistica dell’impatto della pandemia con la politica, il caso italiano è proprio da studio.
Pino Pisicchio (rubrica Formiche.net)
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