Dai, possiamo farcela.
L’estrazione a sorte sarebbe una cosa equa, in fondo: uno vale uno, un commissario vale l’altro (tanto, poi chi li controlla per anni e anni?). O, se proprio vi fissate coi requisiti, ce n’è uno perfetto e che accontenterebbe tutti, maggioranza e opposizione: il segno zodiacale. Pare che il 2021 sarà un grande anno per Capricorno e Pesci, e questo è un argomento definitivo (trovatene uno migliore, di questi tempi).
Se poi volete essere pignoli, al limite una telefonata alla moglie (o al marito: chissà perché una commissaria non viene nemmeno immaginata): “Signora, ma lei ci viene a Catanzaro? Guardi che qui il mare è verde smeraldo e mangiamo tutti i giorni fichi e clementine, andiamo a dorso di ciuccio e suo marito avrà una coppola nuova nuova, e se non crede a noi guardi Muccino e si convincerà subito”. Così siamo tranquilli e non abbiamo sorprese. Certo, poi bisogna stare attenti, che in questi uffici calabresi ne succedono di belle: c’è chi è stato drogato. Per molto tempo: due anni. Tanto che credeva di essere lui il Commissario alla sanità, e non si era accorto che quando aveva chiesto “ma scusate, se io sono il commissario alla sanità, e ci ho già il mio bel daffare, non è che pure devo organizzare questo piano Covid, no?”, gli avevano pure risposto con una letterina: “Sì, devi”. Ma lui era drogato, e non se ne era accorto. Ora sta indagando. Pare che abbia già appurato che lo avevano nominato Commissario nel 2018. E scoprirà pure chi è stato, dategli tempo.
Lo ripetiamo, bisogna stare attenti a chi entra, ma soprattutto (per ora) a chi esce da quell’ufficio. Anche perché ci sono strani uscieri che circolano nei corridoi, e sanno pure certe informazioni riservatissime, tanto riservate che non le sa nessuno, nemmeno il commissario alla sanità: quanti sono i posti in terapia intensiva.
Quindi occhi aperti, e magari chiedere, prima di nominare un commissario: ma lei con gli uscieri come se la passa? Ma lei se lo fa portare il caffé? Ma lei se li segna, i numeri che le dicono gli uscieri?
E un’altra cosa da fare – molto più importante di qualsiasi curriculum – è guardare i social dell’aspirante Commissario. Così casomai avesse detto cose tipo “le mascherine non servono a niente” (bei tempi, quando il capo della Protezione civile in persona diceva: io non la uso, la mascherina. E mica si dimetteva, dopo), o “devi limonare con me quindici minuti per infettarti” e altre cose scientifiche lo avremmo saputo subito. Ma voi direte: e che, le nomine si fanno o si revocano sulla base delle cazzate che uno dice nei video che circolano? No, quelle sono le carriere politiche, che si fanno così.
E Gino Strada? No, dai. Non è nemmeno del Capricorno.
Blog ManginobriochesGiornalista e blogger (HuffPost)
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La scorsa settimana ho dichiarato in TV, che i ricorsi al TAR da parte della Regione Calabria contro il Governo Conte, relativi alle competenze in materia di gestione dell’emergenza Coronavirus si susseguono. Perciò è indispensabile stabilire quale soggetto istituzionale è legittimato dalla legislazione a regolamentare e statuire in proposito. Premetto, che l’istituzione delle Zone Rosse, è competenza delle Regioni, ma la tutela della salute pubblica spetta al Governo. Oggetto del contendere sono l’ampio spettro delle misure per mitigare o contrastare l’avanzata del Covid 19 e cioè la profilassi e quindi non le prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale che spettano alla Regione Calabria. L’ articolo 3 del Dpcm del 3 Novembre 2020 ha riguardato l’inserimento della Regione Calabria nella Zona Rossa, in base ai dati sanitari forniti dall’esecutivo regionale calabrese e ai parametri sanitari nazionali predeterminati. L’ applicazione della Zona Rossa alla Regione Calabria è stata decisa anche in ragione della presenza di un indice Rt, l’indice di trasmissione del contagio, superiore a 1,5 e con livello di rischio alto. La classificazione a rischio alto della Regione Calabria non è dipesa da valutazioni discrezionali del Ministero della Sanità, ma dall’applicazione di parametri sanitari predefiniti e in particolare di quelli da cui si desumeva la presenza in Calabria di criticità dei servizi sanitari territoriali. Voglio rammentare inoltre, che si può parlare di emergenza Coronavirus per un determinato periodo di tempo, cioè per un massimo di sei mesi, ormai siamo già a nove mesi, quindi non si può più dire che si tratta di emergenza, ma sta diventando un problema sanitario stabile e diffusissimo!!! Nell’ordinamento legislativo sono previsti due tipi di profilassi, quella internazionale, art.6, comma 1, lettera a, legge n. 833 del 1978 e l’art. 117, comma 2, lettera q, della Costituzione e quella delle malattie infettive e diffusive, art.6, comma 1, lettera b e art.7 della legge n.833 del 1978. Se il Covid 19 fosse presente solo in Italia, la profilassi non sarebbe internazionale, ma così non è, i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri hanno anche disposto limitazioni agli spostamenti da e per l’estero, come l’art.4 del Dpcm del 24 Ottobre 2020. Le misure che impediscono l’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di sanità incidono non solo sulla libertà di soggiorno, ma anche su quella di stabilimento e sul connesso diritto al lavoro nell’ambito comunitario, art.15 della Carta Europea e art.49 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea. Le caratteristiche del Coronavirus incidono anche sulle modalità di tutela e di contrasto, ricompattandole in un contesto che va oltre la zona transfrontaliera. Corollario di quanto detto è che, in virtù della riserva alla legislazione esclusiva statale della profilassi internazionale, materia peraltro non delegabile alle Regioni, ex art.7 della legge n.833 del 1978, solo il Governo ha titolo a adottare idonee misure per tutto il territorio nazionale. Le Regioni non possono invocare attribuzioni in materia, ma devono applicare i provvedimenti emessi dallo Stato quando non sia loro imposto da circostanze speciali di provvedere con ordinanze contingibili e urgenti, art.3 della legge n.833 del 1978. In questo caso insorge un autonomo e prioritario dovere dell’istituzione regionale coerente con la profilassi, ma legato a specifiche necessità, individuabili solo in sede locale, per l’immediatezza della conoscibilità e del rapporto col territorio. Per completezza si rileva che, quand’anche non si trattasse di profilassi internazionale, le conclusioni qui raggiunte verrebbero confermate. Con sentenza n.5 del 2018 la Corte Costituzionale, nell’affrontare il tema dell’obbligo di vaccinazione, ha affermato che la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive, cioè quella delegata alle Regioni, ex art.7 della legge n.833 del 1978, richiede l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale e dinanzi a interventi fondati sulla competenza statale le attribuzioni in capo alla Regione recedono. La posizione recessiva della Regione nella profilassi sia questa internazionale o interna implica la doverosità della resipiscenza da parte dei Governatori delle Regioni da atti e comportamenti in conflitto con quanto statuito dagli organi del Governo. Rammento che il diritto alla salute impone una tutela non frazionabile, bensì omogenea, anche se articolata in base alle necessità e contingenze territoriali. Tale diritto richiede il coinvolgimento e l’attivazione di tutte le componenti dello Stato, anche delle Regioni, senza mai perdere l’identità di situazione soggettiva alla quale si correlano livelli essenziali di prestazioni sanitarie che solo la legge statale può determinare, art.117, comma 2, lettera m, della Costituzione e la cui primaria realizzazione è affidata per il principio di sussidiarietà verticale al Governo.