“Ville du quart d’heure”, Zone 30 e ciclabili nei progetti che ridisegneranno il futuro di Milano.
L’idea di una “ville du quart d’heure”, la città dei 15 minuti dove tutto è a portata di mano dalla propria abitazione, con un aumento di piste ciclabili e zone a 30 km orari, torna nelle ipotesi per ridisegnare il futuro di Milano insieme ai progetti di riqualificazione che partono dal recupero di aree urbanizzate dismesse, con il loro patrimonio edilizio esistente, finalizzati ad un minore consumo di suolo.
A parlarne dalle colonne de Il Giorno è l’architetto Patricia Viel, firma insieme ad Antonio Citterio, del progetto dell’avveniristica Torre Faro A2A di piazza Trento che si pone come primo tassello nell’ambito del più ampio piano di riqualificazione dell’area dell’ex scalo di Porta Romana, a pochi passi dalla Fondazione Prada, che andrà a trasformare completamente l’assetto urbanistico della zona dove – tra le altre cose – verrà ospitato il villaggio olimpico in vista dei prossimi Giochi Invernali del 2026.
Un progetto ambizioso che punta a liberare suolo, concentrando in verticale le funzioni residenziali e legate ai servizi,sviluppandosi parallelamente a quello di rigenerazione di piazza Trento e della parziale pedonalizzazione di via Crema con l’obiettivo di creare un vero e proprio “paesaggio urbano” di collegamento tra centro e periferia.
Ma la Viel è cofirmataria, insieme a Citterio, anche del progetto di riqualificazione di piazzale Loreto in lizza nel concorso Reinventing Cities, che prende forma a partire dall’idea di modificare la mobilità creando le ben note “Zone 30” da un lato, e dall’altro, ragionando sulle potenzialità per ridisegnare l’area secondo il principio della “ville du quart d’heure”, dove tutti i servizi sono a disposizione nel raggio di 15 minuti da casa.
Una visione di città sposata dall’amministrazione Sala che molto sta investendo in questa direzione con l’obiettivo di diventare metropoli sostenibile a 360°. Zone a 30 km orari, “ville du quart d’heure e implementazione delle piste ciclabili sono i cavalli di battaglia protagonisti della svolta green sulla quale si concentra l’azione del Comune, che già per la prossima primavera ha in serbo altre 10 “Zone 30” che andranno ad ampliare i quasi 7 km² attuali fino a raggiungere una superficie complessiva di 12,5 km². Ad opera ultimata, all’interno del 15% del centro abitato di Milano, che corrisponde a quasi 20 km², si viaggerà con un limite di velocità non superiore ai 30 km/h.
Ma la visione dei residenti e di chi nelle nuove aree “slow” ha la sede della propria attività commerciale non sembra collimare con i progetti dell’amministrazione, che vengono percepiti come decisioni calate dall’alto senza il necessario collegamento con la realtà quotidiana del territorio, sulla quale si ripercuotono le conseguenze di queste scelte. Come, del resto, hanno dimostrato nei mesi scorsi le proteste dei commercianti dell’asse viale Monza-Buenos Aires contro la realizzazione della “ciclabile della discordia” che collega il centro di Milano a Sesto San Giovanni.
Sicurezza, congestionamento del traffico e parcheggi sono le criticità concrete sulle quali si scontrano le visioni sostenibili dell’Amministrazione che troppo spesso sembrano non tener conto del contesto nel quale vengono calate e che riportano al centro la questione su quali siano le priorità per il futuro di Milano. È davvero una svolta “green” ciò di cui ha davvero bisogno la città per ripartire?
Micol Mulè
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,
Questi eco paraculi, con tanti amici urbanisti da foraggiare, si ergono a dittatori della viabilità a comodo loro. Con in più deprecabile aggravante di utilizzare il covid come spaventapasseri. Mi meraviglio che i milanesi si facciano abbindolare dalle loro tesi anti inquinamento, senza reagire duramente.