Adesso Beppe Sala si crede già governatore della Lombardia. E invece di pensare a tenere – se i milanesi lo vorranno – lo scranno di sindaco, pensa alla poltrona in cima allo skyline.
Sala sembra pensare non alle amministrative di Milano 2021, ma alla corsa per le Regionali 2023. 2023 o anticipate? Ma cosa sa Beppe Sala che noi non sappiamo? Ancora una volta, ci tocca ribadire dopo che questa domanda ce l’eravamo già posta agli inizi di aprile scorso. Data di inizio dell’offensiva del sindaco di Milano contro il centro destra che governa la Lombardia.
Adesso, nonostante la scoperta che i vecchietti nelle Rsa non li ha uccisi un complotto fascio-leghista, ma proprio il Covid e forse certo assenteismo coperto da cattivo sindacalismo (parola di commissione di inchiesta indipendente guidata da magistrati come Gherardo Colombo, ex Mani pulite, insospettabile di simpatie di destra e neanche di centro), eccoci di nuovo al programma da governatore: Sala vuole riformare la sanità in cinque punti (due dei quali, tenaglia che gli altri tre punti riduce in chiacchiere, mi sembrano proprio da apparato comunista statale: l’Agenzia per il governo sanitario e il Consiglio di indirizzo).
Ripeto: ma cosa sa Sala che da sindaco invece di fare il sindaco sta a Repubblica e a Corriere da candidato governatore? Stai facendo proposta di “riforma radicale”, cioè vetero statalista, di un sistema eccellente che certamente ha mostrato dei limiti davanti allo tsunami che lo ha travolto. Ma da qui a pensare che bisogna imitare Puglia e Campania, che dite, non è un po’ fuori dal mondo e non voler proprio bene alla Lombardia?
Dopotutto, il Covid in Lombardia è lo stesso manikiller che ha fatto più morti nella New York del partito di Obama che in tutta Italia. Dopo aver messo da parte Fontana cosa farà Sala, si candiderà pure a sindaco di New York? Cosa sa Sala che noi non sappiamo? La scorsa primavera aveva reagito all’irruzione delle procure sulla scena della disgrazia e allo sguinzagliamento della Gdf nelle Rsa. D’accordo, l’emergenza era e resta un’altra. Ma vuoi che non fosse golosa l’ennesima delineazione di un orizzonte di corrotti che non aspettano altro di essere scoperti?
E così al primo vorticare di inchieste contro la maggioranza di centrodestra in Regione con l’ipotesi di “epidemia dolosa”, ecco che Sala fiuta l’occasione di mettere avanti il proprio petto e il crine del cavallino storno. Ma se il fascio-leghista lombardo ha fatto quel che a Roma non era stato fatto, che ipotesi si sarebbe dovuta mettere in campo per un governo italiano filocinese che benché Beppe Grillo a fine novembre 2019 avesse fittamente frequentato l’ambasciata di Pechino, nulla sapeva e nulla fece in materia di dispositivi, mascherine, allerte eccetera fino a inizi di marzo, dopo aver dichiarato l’emergenza il 31 gennaio, dopo aver garantito l’anestetico totale festival di Sanremo trionfalmente condotto da Amadeus e, fine febbraio, essere venuti a Milano nella persona del ministro Speranza a ringraziare per il top sanitario che è la Lombardia, nonostante gli aperitivi del Sala&Zingaretti #milanononsiferma?
(Tempi)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845