Un grande assente: il pubblico. Con il calore di un’umanità ferita, dolente per un virus che non perdona. Sarebbe stato un pubblico partecipe come sempre, ma talmente immedesimato nella liturgia dell’opera da pulsare unito, ognuno con i pensieri tesi alla speranza e al futuro. Il grande assente a questa insolita e unica Prima della Scala, ha guardato e poi è stato conquistato dal Kolossal trasmesso dalla RAI. Ma non voglio parlare di musica, di regia, di direzione impeccabile perché non ne sarei capace, ma di quell’oh di stupore che inavvertitamente esplode, quando l’orgoglio di Milano e dell’Italia intera vanno in scena. La potenza che si sussegue, che vibra indomabile è questa fierezza per un bello che la genialità artistica soprattutto italiana, possiede. E l’Arte, la Bellezza trionfano, senza limiti temporali, con l’incisività della sua unicità.
C’era Milano, la sua forza, l’aspirazione di risorgere, l’incanto di un saper fare che fa dire ancora “oh… che meraviglia”. La Scala non si è arresa, ha inventato, trovato un paradigma per imporsi. La Scala è Milano e la sua straordinaria capacità di non arrendersi mai. Non so se ai clochard è stato permesso di vedere. Non so se il singolo ha bruciato il tempo davanti al televisore. Forse ha pensato Roba da ricchi…Roba così lontana dal mio mondo…” Eppure quell’orgoglio che ti fa cercare un lavoro, che ti scandisce le ore d’attesa nel rincorrere un sogno, imbruttito in un cartone maleodorante, avrebbe tanto bisogno di un miracolo. Sala lo sa? Saprà ascoltare le voci silenziose di una povertà dolente? Ricandidarsi senza aver capito la complessità di una città, si può fare?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano