Una tazza di lambrusco per ricordare Mario e la mia Milano

Le storie di Nene Vecchia Milano

In una sera stanca di nebbia e di lavoro, in quella latteria a due passi da Corso Magenta, incontrai l’amore nel lontano 1960. Facevo la cameriera, la donna delle pulizie, un po’di tutto insomma, come si usava allora, senza tanti grilli di “questo mi compete e questo no”. Ringraziavo ogni giorno il Signore per quel lavoro che mi offriva pasti gratis e qualche lira per le scarpe e un vestito nuovo, ogni tanto, quando si poteva. Era un luogo di operai, di gente che lavorava nei cantieri, sulle strade: molti venivano dal Sud e avevano lasciato famiglia e figli, in attesa di stabilirsi a Milano. La fatica era speranza e determinazione. La gioia era un bicchiere di vino, una risata, un ricordo della propria terra. Mi piaceva quel raccontare, quell’intercalare di dialetti, quello stare insieme che era la magia dei buoni sentimenti. Mi piaceva ascoltare le storie, quasi fossero favole di nostalgia e di rimpianti. Perché il sogno era negli occhi e nelle mani rugose di lavoro.

Milano, la Milano nobile del Centro, aveva ombre lunghe e discrete e accoglienti, nel rispetto di chi dava impegno e lavoro. Milano, la Milano austera con le sue storiche architetture, dava la sicurezza del domani, quasi fosse una Madre che scalda i cuori.

Ma in quella sera fredda di nebbia, umida di malinconia, Mario entrò, all’improvviso, il sorriso ampio e cordiale. Il sole, pensai, deve sorridere così, per illuminare il mondo.

Da quella sera, ogni sera, con una tazza di lambrusco amabile e, possibilmente, un piatto di trippa. E sfiorava il mio sguardo e mi parlava della sua Emilia, della sua campagna lunga fino all’orizzonte, del profumo del fieno, dopo la pioggia, di una cascina distrutta dall’alluvione del Po, della sua nostalgia.

Con un bicchiere di lambrusco in più cantava le romanze di Verdi, la voce intonata, i ricordi sulla pelle, quasi fosse un film da rivedere per non morire di malinconia.

Un matrimonio felice, con Mario, durato quarant’anni. E oggi che non c’è più, il lambrusco e una tazza bianca, ogni sera, sono la memoria di un grande amore e della Milano che ho amato. E non importa se io quel lambrusco non so che sapore abbia, ma il profumo ha l’allegria del mio Mario e dei miei ricordi. (confessioni di Adalgisa)

Nene Ferrandi dal volume Milano si racconta

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