Artisti di strada, artisti del mondo. Sono i protagonisti della street Art che ha conquistato Milano, che i politicamente corretti ammirano per la geniale espressione della loro creatività. Anch’io vorrei essere à la page e inoltrarmi nel tour di meravigliosa sorpresa indicato da Vanity Fair, ma chissà perché mi rullano in testa gli scarabocchi sulle serrande dei negozi, cassette dell’elettricità, i tombini, i paracarri o le caselle postali, sparsi qua e là in città. E naturalmente carrozze dei bus e dei metrò. Ma l’esplosione della genialità artistica abita nei murales, vera denuncia spesso di una cultura che al Comune si considera futuribile. Per questo, forse Vanity Fair descrive l’incanto dei murales del Barrio’s, il centro sociale in piazza Donne Partigiane alla Barona. E l’entusiasmo non finisce qui: la Milano del futuro sarà una galleria a cielo aperto, con piazze coloratissime, murales coloratissimi, che offriranno la loro bellezza e la sintesi figurativa dell’ideologia di sinistra. Ma nell’austera e rigorosa città di Milano, all’ombra un po’ malinconica di alberi secolari, con l’imponente presenza di luoghi di culto che senso ha questa colata di colori? Niente contro i murales contestualizzati in luoghi adatti, ma non credo che i milanesi siano entusiasti di una città stravolta. Il Comune comunque, in questo periodo di veri e seri problemi, ha creato uno sportello che dovrà censire l’arte pubblica già presente e favorire la creazione di nuove opere d’arte. Il primo elenco conta già 50 indirizzi, per lo più facciate cieche di palazzi di edilizia popolare. Ma, volendo, è possibile presentare un progetto anche su un muro che non è nella lista, purché sia di un edificio di proprietà del Comune come una scuola, una biblioteca, un centro di aggregazione giovanile e così via.Questa la Milano del futuro secondo il Comune.