Il respiro di luce nei teatri spenti dalla pandemia perché il teatro ha bisogno di vivere

Milano

Si chiama teatro e nasce con l’uomo, in tutte le società, in tutti i tempi, con la tensione di rappresentare, di comunicare, di creare un dialogo. Momenti personali irripetibili modulati dalla sensibilità, dalla simbiosi che lo spettatore crea con i personaggi. E’ un cammino di conoscenza, un’arrampicata su vette sconosciute, un’emozione che può pugnalare l’anima. Ed è così la scoperta di un’arte che coinvolge con la frenesia di un neofita un po’ barbaro, ma ricettivo.

Si andava a teatro con pochi soldi, si pagava uno “strapuntino”, la scomodità non allontanava il desiderio e si guardavano le signore in poltrona quasi con soggezione. Ma ogni drammaturgia penetrava imperiosamente nel cuore, rispondeva a molti perché irrisolti in un qualcosa che forse può chiamarsi catarsi. Erano gli anni 60 e 70 e viveva il fermento sociale per accedere a nuove conquiste di autonomia, soprattutto femminili, a nuovi fraseggi musicali, a regie spericolate e innovative. Strehler fece grande il Piccolo Teatro, era il demiurgo che si imponeva con il suo linguaggio registico e là, al bar Magenta dove gli studenti della scuola del Piccolo, commentavano il Maestro, serpeggiava un’ammirazione che diventava venerazione. E corsi a vedere Brecht, Cechov, Sakespeare, Pirandello, Goldoni. Mi capitò di assistere alle prove di Lulù con Valentina Cortese: due giganti contrapposti, ma la maieutica del regista sapeva scavare senza esitazioni e ottenere la “perfezione”.

Il Lirico (perché ancora chiuso?) visse un’esaltazione che coinvolgeva generazioni intere. Arrivava il iazz, il grande iazz e, sì, valeva la pena la coda per poter entrare, partecipare. Louis Armstrong, Duke Ellington, DizzyGillespie, Miles Davis, John Coltrane, TheloniousMonk, Ella Fitzgerald, Ray Charles, Gerry Mulligan, gli ospiti, talmente bravi e avvincenti che poi ascoltavamo in religioso silenzio nella cantina ricamata dalla muffa di un musicista di belle speranze. Musica che singhiozzava nell’anima e apriva orizzonti di colori.

I teatri hanno acceso le luci per esigere la vita. Il teatro siamo noi.

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