E c’è qualcosa d’altezzoso e supponente nelle parole di Sala, qualcosa che divide annullando il diritto all’uguaglianza e rendendo una becera idea un paradigma universale. “La prima volta che Salvini ha parlato di candidatura a Milano è stato a giugno. Salvini dice che hanno la fila di candidati provenienti dalla società civile. Ecco, io non pretendo di avere ragione, ma la mia idea è che i rappresentanti della società civile facciano fatica a mettere la faccia di fianco a quella di Salvini”. Il riferimento è chiaramente a quella “società civile” che conosce, che frequenta nei salotti riservati, che considera portatrice di idee innovative.
Qualcuno dica a Gramsci che individuare la “società civile” come luogo della lotta per l’egemonia e momento del consenso, in contrapposizione allo Stato-forza, è superato. Oggi esistono almeno due società civili: quella bella ricca stilosa e griffata che si sparpaglia nelle liste e listarelle fanatiche di Sala e l’altra che raccoglie il sudore di chi lavora. Quest’ultima è disponibile a farsi fotografare con chiunque sappia risolvere i problemi e sicuramente se ne frega dei birignao elitari della corte di Sala.
La ritrosia della “società civile” targata Sala scompare però nei selfie con i responsabili di occupazioni abusive, con centri sociali, clandestini ecc. Ma in Sala c’è astio, sintomo forse di paura.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano