Il genius loci di Milano sta nel lavoro, nelle fabbriche, nei luoghi di cultura

Milano

Il genius loci di Milano sta nel lavoro, nelle fabbriche, nei cantieri, nei luoghi della cultura, della scuola e dell’università. Nella città che studia, crea e intraprende. E nella “città che sale” raffigurata, all’inizio del Novecento frenetico e inquieto, da Umberto Bocconi. Un genius loci raccontato bene da una frase di Gio Ponti: “L’arte si innamora dell’industria” e dunque, anche seguendo questa strada, l’industria è un fatto culturale. Quella frase, esemplare ed essenziale, fa da titolo a un volume, pubblicato nel 2009 da Rizzoli (a cura di Ugo La Pietra) per ricordare, a trent’anni dalla morte di uno dei più grandi architetti del Novecento europeo, la relazione tra progetti e prodotti, idee e materiali, disegni e realtà di vita e lavoro. E indica bene il percorso lungo cui Milano continua a crescere, tra storia e contemporaneità.

Un percorso che si può guardare, oggi, da tre convergenti punti di vista, tutti connotati, in un modo o nell’altro, dal segno di Gio Ponti. Il primo è il Grattacielo Pirelli, da lui progettato insieme a Pier Luigi Nervi, di cui si apre proprio in questi giorni una mostra per ricordarne i sessant’anni dall’inaugurazione.

Il secondo è il nuovo campus del Politecnico di Milano, progettato da Renzo Piano e inaugurato il 22 giugno, in continuazione con la ristrutturazione di due storici edifici di Gio Ponti, la Nave e il Trifoglio.

Il terzo è l’Assemblea annuale di Assolombarda, in programma il primo luglio, per raccontare “la rigenerazione” e cioè la ripresa di economia e società, in una Milano paradigma italiano ed europeo, dopo il difficile e drammatico periodo della pandemia e della recessione. È di Gio Ponti, il palazzo dell’Assolombarda, in via Pantano, proprio di fronte a un altro dei simboli di Milano, la Torre Velasca di cui sta partendo un ambizioso progetto di ristrutturazione, riqualificazione e rilancio. E quell’Assemblea è in programma negli spazi ex industriali delle Acciaierie Falck a Sesto San Giovanni, adesso cuore di un ambizioso progetto architettonico e urbanistico, “firmato” da Forster e Partners, con un investimento da 4 miliardi. Architettura e manifattura. Idee e progetti concreti. Economia e bellezza. Per dirla in sintesi, “l’arte che si innamora dell’industria”, appunto.

Guardiamo un po’ meglio. Partendo dal Grattacielo Pirelli. Inaugurato nell’aprile del 1960 e subito definito così da Dino Buzzati, “grande firma” del Corriere della Sera, nei suoi “Racconti del Grattacielo”: “In Milano il grattacielo Pirelli, a parte la sua incontestabile bellezza, o forse proprio per questo, è un grande personaggio”.

La mostra, curata dalla Fondazione Pirelli e dall’architetto Alessandro Colombo, al 26° piano del Pirellone, dagli anni Settanta sede della Regione Lombardia e adesso del suo Consiglio regionale, racconta storia e attualità per immagini, disegni tecnici e testimonianze. Piero Bassetti, primo presidente della Regione, ne parla così: “Il Grattacielo Pirelli è per Milano qualcosa di caro e di non contestabile, perché è qualcosa che è nato dal privato ed è stato consensualmente immesso nello sviluppo democratico del Paese in un momento di trasformazione della società e della organizzazione politica italiana”.

E Gianfelice Rocca, presindente dell’Humanitas ed ex presidente dell’Assolombarda, guarda all’innovazione: “Milano deve investire nei settori che si proiettano verso il futuro. Credo che una sfida per noi tutti sia fare in modo che a Milano, anche per la sua tradizione culturale, la rivoluzione digitale non ci trasformi tutti in virtuali, ma sia invece al servizio di un vero e proprio Umanesimo tecnologico. E cioè usare al massimo questa rivoluzione nel portare servizi al cittadino, nel favorire contatti umani e  comunicazione, nel rendere più accessibili e diffusi anche musica, teatro e altre attività culturali. Nel fare in modo che tutto questo avvenga in una forma che mantenga lo stesso spirito che aveva animato il Grattacielo Pirelli: avere la testa rivolta verso l’alto, ma i piedi ben saldi nella società”.

La sintesi, tra memoria e futuro, sta nelle parole di Marco Tronchetti Provera, Ceo di Pirelli: “Il Grattacielo, negli anni Sessanta, diventa rapidamente il simbolo del miracolo economico, in un’Italia che ha voglia di ripartire e libera energie straordinarie, tanto da diventare in pochi anni una delle grandi potenze mondiali industriali. Sono le energie del mondo delle imprese, insieme a quelle della politica e dei sindacati, in un grande progetto unitario di sviluppo, di migliore qualità della vita”.

Proprio il Grattacielo Pirelli ne è significativa conferma: la volontà di ripresa di una grande impresa fortemente radicata a Milano e, contemporaneamente, internazionale, capace di originali sintesi culturali e produttive, la creatività di architetti della importanza di Gio Ponti e di ingegneri con capacità riconosciute a livello mondiale come Pier Luigi Nervi, il dinamismo di una metropoli che sa e vuole guardare all’Europa. Ecco, ancora oggi “Il Grattacielo rimane un landmark per Milano e per l’Italia”. Perché, insiste Tronchetti, “Milano metropoli, come le altre grandi città del mondo, vive di cambiamento, attrazione e innovazione. Cresce nel cuore delle più intense dinamiche della storia, anticipandone spesso il corso. Attira risorse economiche, culturali e sociali. Include persone in cerca di un migliore avvenire. E stimola creatività e intraprendenza, soffre le crisi e ogni volta recupera energie per uscirne, perché arrendersi non fa parte del suo Dna di comunità aperta. È, insomma, una metropoli in movimento”.

Anche il nuovo Campus del Politecnico, guidato da un Rettore lungimirante, Ferruccio Resta, ne è conferma. “Uno spazio aperto alla luce”, sostiene Renzo Piano, integrando didattica, laboratori di ricerca e aree verdi. Un “rammendo” tra la storica sede fine Ottocento in piazza Leonardo da Vinci, gli edifici progettati da Ponti e una zona di Città Studi diventata anonima e adesso risanata e rilanciata. Una vera e propria “fabbrica delle idee”. Un pezzo d’un cambiamento che è già attualità. Come nota il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel discorso di inaugurazione: “Il nuovo Campus del Politecnico sottolinea la proiezione verso il futuro in sintonia con il momento che il nostro Paese sta attraversando: non un ritorno alle condizioni precedenti alla pandemia, ma un nuovo inizio su condizioni diverse e nuove”.

I temi al centro dell’Assemblea di Assolombarda, guidata da Alessandro Spada, si muovono lungo questo percorso di rinnovamento e rilancio, in significativa sintonia con il pensiero del Capo dello Stato.

Ne è buon esempio, con il progetto “Milano Sesto” (4 miliardi di investimenti internazionali) l’area delle ex Acciaierie Falck, nel Nord industriale di Milano, servizi e residenze, imprese e spazi per l’innovazione e per una “Città della Salute e della Ricerca”. E in tutti i territori di Assolombarda (7mila imprese, tra Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia), in un’economia che vale il 13% del Pil italiano e altrettanto di tutto l’export nazionale, è già in corso un progetto di ripartenza concentrato su innovazione e lavoro. È la Grande Milano dall’antica vocazione industriale che rinasce e riparte sulla base di modelli avanzati di inclusione sociale e sostenibilità ambientale, per diventare una nuova destinazione urbana dove vivere, lavorare, studiare e costruire il lavoro del territorio. Rigenerazione, appunto.

Sono i valori della Ue con il Recovery Plan. E le indicazioni strategiche e operative del Pnrr (il Piano di ripresa e resilienza) messe a punto dal governo presieduto da Mario Draghi, che Assolombarda apprezza e sostiene. Sono i temi – innovazione, lavoro, competitività, solidarietà – su cui si muove l’esperienza degli imprenditori milanesi. Forti della loro “cultura politecnica”: scienza, tecnologia, ricerca, produzione di qualità, senso della bellezza. Torniamo alla memoria di Gio Ponti, all’arte che si innamora dell’industria. Ricambiata.

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