A Milano, in manoscritto del 1340 una menzione dell’America 150 anni prima di Colombo

Cultura e spettacolo

Un gruppo di ricerca dell’Università di Milano ha trovato, in un manoscritto milanese di Galvano Fiamma del 1340 circa, una menzione dell’America, dunque ben 150 prima della “scoperta” di Cristoforo Colombo.

Clamorosa scoperta di un gruppo di lavoro dell’Università Statale di Milano guidato dal professor Paolo Chiesa, ordinario di filologia mediolatina e filologia umanistica presso l’ateneo lombardo. Il gruppo di ricerca ha infatti trovato, per la prima volta nella storia, una citazione dell’America in area Mediterranea risalente a 150 prima della “scoperta” di Cristoforo Colombo. La menzione di una terra situata al di là dell’Atlantico è stata notata in un’opera inedita medievale, scritta dal domenicano Galvano Fiamma (Milano, 1283 – 1344) intorno al 1340: la scoperta è nata all’interno di un progetto didattico della Statale di Milano, cui hanno collaborato numerosi studenti di Lettere, ed è stata pubblicata sulla rivista statunitense Terrae incognitae, dedicata alla storia delle esplorazioni, in un articolo intitolato Marckalada. The first mention of America in the Mediterranean Area, firmato dal professor Chiesa. Il continente americano, com’è noto, entrò nell’orbita delle conoscenze degli Europei con la spedizione di Cristoforo Colombo, del 1492, ma in realtà esplorazioni sulle coste settentrionali dell’Atlantico erano già state compiute nei secoli precedenti da navigator vichinghi, e hanno lasciato sporadiche tracce nei racconti semileggendari di alcune saghe norrene. La notizia dell’esistenza di terre al di là dell’Atlantico non era però mai stata documentata fino a questo momento fuori dalla Scandinavia. La ricerca presso la Statale, peraltro ancora in corso, dimostra ora che qualcosa se ne sapeva anche più a sud.

La menzione proviene proprio da Milano: si trova nella Cronica universalis del domenicano Galvano Fiamma, autore di varie cronache scritte nel periodo visconteo. All’interno di quest’opera, ancora inedita e oggetto di studio da parte del progetto, si trova il riferimento a una terra di nome “Marckalada”, certo da identificare con quella chiamata Markland nelle saghe norrene. Questa la traduzione italiana del passaggio di Galvano, scritto originariamente in latino: “I marinai che percorrono i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un isola detta Grolandia…; e ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: lì si trovano edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti. Lì crescono alberi verdi e vivono moltissimi animali e uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche”. È probabile che la notizia fosse giunta a Galvano da Genova, città con cui lo scrittore aveva contatti, e che i marinai di cui si parla siano navigatori genovesi che commerciavano con le regioni del nord. L’interesse della scoperta sta nel fatto che riapre una questione lungamente dibattuta, ma sulla quale non vi era nessuna documentazione: se a Genova, prima di Colombo, circolassero informazioni sull’esistenza di terre oltreatlantiche, e se una eventuale notizia, anche vaga, della loro esistenza avesse reso più accettabile il rischio della spedizione del 1492.

“La menzione dell’America”, spiega Paolo Chiesa, “è solo una delle sorprese che riserva la Cronica universalis di Galvano Fiamma, anche se probabilmente è la più clamorosa. Si tratta di un’opera inedita, sulla quale abbiamo costruito un progetto didattico cui hanno collaborato parecchi studenti con le loro tesi, dividendosi la trascrizione del manoscritto e la resa in pulito del testo. Gli studenti hanno imparato molto da questa esperienza, e hanno ora anche la soddisfazione di vedere che il loro lavoro ha un esito scientifico sorprendente”. La parte del manoscritto contenente la menzione dell’America è stata trascritta da Giulia Greco, ora dottoranda di ricerca presso l’Università di Trento, che racconta: “Il manoscritto è vergato in una scrittura gotica dell’Italia settentrionale, non sempre facile da decifrare. Oltre alla trascrizione della parte del testo che gli era assegnata, ogni studente doveva individuare le fonti impiegate da Galvano per le notizie contenute. Per la frase ’americana’, in particolare, non sono state individuate fonti libresche, e si deve perciò credere a Galvano quando dice che riportava informazioni orali”. La prossima tappa della ricerca è la pubblicazione dell’intera Cronica universalis. Questa parte del lavoro è coordinata da Federica Favero, assegnista di ricerca, che così la descrive: “Il manoscritto dell’opera si trova negli Stati Uniti, ed è di proprietà privata. È stato perciò necessario recarsi sul luogo: il proprietario ci ha autorizzati a fotografare l’intero codice, e abbiamo lavorato sulla base di queste fotografie. Si tratta ora di uniformare le trascrizioni prodotte dalle tesi a uno standard editoriale scientifico, di approfondire i punti oscuri rimasti e di corredare il testo del necessario commento; fatto questo, la Cronica universalis sarà a disposizione di tutti, come merita di essere”.

Immagine: Autore sconosciuto, Planisfero di Cantino (1502; sei fogli di pergamena incollati, 1050 x 2200 mm; Modena, Biblioteca Estense)

Fonte Finestra sull’Arte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.