Liberazione: dal pane nero al pane bianco, nel quotidiano degli italiani

Vecchia Milano

Milano 25 Aprile – Il pane dell’uguaglianza, che risponde alla fame, alla vita, alla sopravvivenza. Il pane che rende uguali, ricchi e poveri, giovani e vecchi, quando c’è. Perché essenziale, necessario e profuma di buono, di amicizia, di condivisione, di convivialità. Il pane, quasi un valore antico, un simbolo, una speranza. Ma il pane della guerra era nero, incerto e aveva il sapore della sofferenza, della privazione, della battaglia quotidiana per la sopravvivenza. Soprattutto nelle grandi città, soprattutto nella povertà dilagante, in attesa della fine di un conflitto che sembrava non dovesse mai finire. Ma là, dove mio padre viveva, nella verde vallata emiliana, i contadini sfornavano un pane bianco, candido come una carezza, dolce come la sazietà. E si poteva mangiare pane e fame, perché la “micca” era grande e si tagliava a fette con piacere e bastava bagnarla un po’ perché assorbisse lo zucchero e diventasse il dolce della colazione. Ma con il burro e una fetta di salame era “un mangiare da re”. E con quel mangiare da re, avvolto nella carta gialla del formaggio, riusata per l’occasione, papà veniva a Milano per fare acquisti per il negozio di mercerie del paese.

milano duomo storicaAmava Milano come fosse la città di una favola che non conosceva, oggetto di meraviglia, con quel Duomo così grande e la gente che camminava senza riconoscersi e le luci e i suoni, così lontani dal suo piccolo mondo di provincia. Negli anni 60 andavamo in piazza Duomo insieme per raccontarci la vita, per dire che, sì, avevo delle difficoltà in Università, che, sì, mi sentivo sola, ma ero contenta che a casa tutto andasse per il meglio. E in un giorno di primavera un passante ruppe la nostra complicità “Ma Lei è il signor Mario? Senz’altro non si ricorda di me, ma io mi ricordo molto bene di Lei. Nel 44 Lei mangiava due fette di pane bianco, seduto sui gradini del Duomo. Da tempo non vedevo e tantomeno mangiavo quel pane che era diventato un miraggio, un sogno. Osservavo, la voglia negli occhi, un crampo allo stomaco. Lei mi regalò tutto il pane che aveva e la sera, lo divisi in tre parti, per me, mia moglie e mia figlia, quasi fosse un miracolo”.

La fine della guerra è anche la riconquista del pane bianco, il pane della speranza.