L’affondamento della legge Zan è quanto potrebbe succedere nel voto per il Quirinale

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Il sospetto nel Pd è che nelle intenzioni dei renziani ci sia di far saltare il progetto di Nuovo Ulivo accarezzato da Letta ed eleggere il Presidente assieme al centrodestra. Per questo c’è chi chiede di tagliare definitivamente i ponti per non prestare il fianco a nuove trappole Quelli che erano sospetti, sussurrati a mezza bocca nei corridoi di Palazzo madama, poche ore dopo l’affossamento del disegno di legge Zan al Senato, sono diventate certezze in casa Pd. A far mancare i voti al disegno di legge per il contrasto della violenza contro omosessuali, gay, lesbiche e transgender sono stati i renziani: lo dice a chiare lettere il ‘padre’ della legge, Alessandro Zan. E lo dice a chiare lettere un esponente di primo piano della segreteria dem, il responsabile Enti Locali Francesco Boccia. “Quello che è accaduto oggi è gravissimo perché questa tagliola doveva avere i numeri per essere bocciata. I numeri c’erano, ma il problema è una forza politica si è sfilata, Italia Viva, che ha cominciato a flirtare con i sovranisti, dicendo che i voti non c’erano al Senato e che bisognava trattare con il centrodestra”, spiega Zan in una diretta Instagram.

Già da quegli appelli di Italia Viva, i dem avevano capito che qualcosa non andava: “Dal centrodestra nessuno ci chiedeva di trattare”, spiega ancora Zan. “Anzi, hanno detto: teniamo in piedi la tagliola, ma voi mediate pure. Come se si potesse mediare con una pistola puntata alla testa”. Una ‘trappola’, dunque, nella quale lo stesso Zan intravede le prove generali di quanto potrebbe accadere alla quarta votazione per eleggere il presidente della Repubblica, di qui a pochi mesi. Al Senato, “si è giocata un’altra partita, quella per il Quirinale, sulla pelle nostra, sulla pelle di tanti cittadini che ci chiedevano una legge di civilta’”, osserva Zan. E l’esponente dem non è il solo a sospettare che quanto andato in scena oggi, nell’Aula di Palazzo Madama, possa essere un ‘test’ per quanto accadrà a Camere riunite. “Sul ddl Zan oggi al Senato un colpo molto grave ai diritti e temo una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazione”, scrive su Twitter Pierluigi Bersani. Nelle intenzioni dei renziani, è questo il sospetto, ci sarebbe quello di far saltare il progetto di Nuovo Ulivo o campo largo accarezzato dal segretario Pd Enrico Letta e, contemporaneamente, eleggere il presidente della Repubblica assieme al centrodestra. Per questo nel Pd già c’è chi chiede di tagliare definitivamente i ponti con i renziani, così da non prestare il fianco a nuove trappole.

“Per quanto mi riguarda, Italia viva con questa ennesima spregiudicatezza sui valori, conferma che è diventata come la Lega. Inutile aggiungere altro, non abbiamo più nulla da dirci”, decide Francesco Boccia, responsabile Enti Locali del Pd molto vicino al segretario. E anche Goffredo Bettini, tra le righe di un comunicato, lancia un avvertimento: “La destra sovranista e le giravolte di tanti parlamentari che si definiscono liberali e riformisti hanno permesso di affossare un provvedimento di civiltà”. Dunque, per Bettini, la colpa è di quei “liberali e riformisti” – formula che sottintende Matteo Renzi e Italia Viva – che hanno ‘giocato’ con la destra: “Il Pd, il segretario Enrico Letta e i suoi gruppi parlamentari hanno condotto una coraggiosa e indispensabile battaglia per i diritti di tutti. Ha difeso i principi fondamentali della legge Zan, aprendosi anche a un confronto teso ad ampliare i consensi. Non si faccia confusione con contorte autocritiche interne. La responsabilità è dei nostri avversari. Va resa manifesta e chiara agli occhi dell’opinione pubblica”. Non c’è solo una questione di numeri, tuttavia, a rendere ancora più profonda la faglia che divide Italia Viva dal Pd. Le reazioni seguite al via libera alla ‘tagliola’ non sono sfuggite ai dirigenti dem: “Sembravano scritte dalla stessa mano”, osservavano alcuni deputati nel pomeriggio a Montecitorio: “Erano tutte dello stesso tenore e contenevano tutte lo stesso concetto rivolto contro il Pd. Arroganza”. (AGI)

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