Queste le conseguenze dell’inflazione sul risparmio degli italiani

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Se si lasciano i propri risparmi sul conto corrente bancario il potere d’acquisto delle somme a disposizione lentamente nel tempo scende. La scelta migliore è redistribuire la ricchezza mantenendo un 15-20% di liquidità 

Il surriscaldamento dei prezzi al consumo morde non solo il potere d’acquisto delle famiglie ma anche i loro risparmi. E l’unica ricetta per scongiurare la perdita della ricchezza finanziaria è diversificarli. Parola di Giorgio Di Giorgio, professore di Economia monetaria e direttore del Centro Arcelli per gli studi monetari e finanziari della Luiss. “Per molti anni – è la premessa che fa l’esperto in un colloquio con l’AGI – abbiamo vissuto in un mondo caratterizzato da un’inflazione particolarmente bassa e nell’area dell’euro, e quindi anche nel nostro Paese, in presenza di tassi d’interesse a breve termine addirittura negativi. Quindi non c’era alcun costo per i consumatori e i risparmiatori nel detenere i propri risparmi anche in forma liquida, con deposito bancario normale. Infatti abbiamo osservato un enorme aumento delle disponibilità liquide delle famiglie e anche delle imprese”. Ma il mondo sta cambiando. Che cosa succede quando l’inflazione diventa più elevata? “Se si lasciano i propri risparmi sotto forma di un deposito bancario o comunque investiti nelle componenti più liquide dei portafogli – è la risposta dell’economista – il potere d’acquisto delle somme a disposizione lentamente nel tempo scende“. Certo, tiene a precisare Di Giorgio, “non bisogna drammatizzare perché è vero che al momento abbiamo un’inflazione alta intorno al 4,5-5%, ma ha in parte delle cause anche di tipo congiunturale collegate alle strozzature nelle catene di offerta e all’aumento del prezzo delle materie prime, che sono fattori che potrebbero rientrare nell’arco di 6-12 mesi e quindi ricondurla a livelli più fisiologici, anche sicuramente non più vicini allo zero”. In un contesto di inflazione ancora moderata che cosa dovrebbero fare le famiglie? “È opportuno che si interroghino su come riallocare le proprie disponibilità – spiega il docente di Economia monetaria – sia su strumenti sicuri e quindi caratterizzati da rendimenti non particolarmente attraenti ma quantomeno quasi senza rischi, sia adottando suggerimenti della teoria della locazione di portafoglio”. La parola d’ordine è quindi diversificare. “Per chi ha la possibilità di farlo la soluzione è diversificare i propri risparmi in un strumenti diversi – sottolinea – da quelli più liquidi a quelli meno liquidi come l’acquisto di quote di fondi d’investimento oppure di azioni o obbligazioni di natura diversa. E avere qualcuno che sia in grado di suggerire e consigliare la giusta combinazione di rischio e rendimento adeguata al profilo della famiglia diventa sempre più importante”.

E se volessimo quantificare l’impatto dell’inflazione su un conto corrente medio, tra i 60.000 e i 100.000 euro? “Gli effetti sono una perdita del potere d’acquisto di circa il 5% all’anno – spiega Di Giorgio – per cui in termini di potere reale si perde la capacità di convertire in beni e servizi quelle somme del 5% all’anno. Di conseguenza, se non dovessero essere aumentate nel tempo quelle somme, nel giro di una quindicina di anni si avrebbe una riduzione molto significativa, quasi un azzeramento delle disponbilità. Per mantenere lo stesso potere d’acquisto bisognerebbe altrimenti compensare la liquidità iniettando nuove disponibilità per il 5% dell’ammontare ogni anno. Però non dobbiamo immaginare che il 5% che leggiamo oggi rimanga per i prossimi venti anni”, rassicura l’economista che esclude “questo tipo di preoccupazione”. Insiste l’esperto: “In questo momento è così e lo sarà ancora per qualche mese, ma mi aspetto che già entro la fine dell’anno o i primi mesi del 2023 l’inflazione lentamente inizi a riscendere verso gli obiettivi della Bce”. Ci aggiriamo intorno al 2%, quindi. E con un’inflazione così “è un costo sopportabile quello di una lieve perdita di potere d’acquisto all’anno – osserva – il modo con cui compensarlo è quello di non tenere i propri risparmi esclusivamente sui depositi bancari“. E questo è un suggerimento, prosegue nella riflessione, “che va bene ogni volta che la ricchezza finanziaria delle famiglie supera quell’ammontare di cuscinetto di liquidità che ci garantisce un minimo di tranquillità per dover fare fronte a delle spese impreviste. Questo lo quantificherei per una famiglia normale nell’ordine di 10-15.000 euro“. Avere una ricchezza finanziaria di 60-70.000 euro esclusivamente su un deposito bancario per l’esperto “è già di per se’ una scelta sbagliata”, perché non prevede una diversificazione. “A meno che – spiega – sia collegata a una programmata operazione, ad esempio, di acquisto immobiliare. Normalmente per una famiglia che abbia 100.000 euro di ricchezza finanziaria – conclude Di Giorgio – la scelta migliore è redistribuire la ricchezza mantenendo magari un 15-20% sotto forma liquida e immaginare di avere un 30% investito in obbligazioni, di cui magari un pezzo a breve termine e un pezzo a lungo, e un altro 40-50% da dividere tra fondi d’investimento o prodotti assicurativi che possano combinare sia esigenze d’investimento sia di protezione da eventi spiacevoli”. (AGI)

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