“I colori non piangono” Eccomi qui.. chi sono? Una farfalla ferita dal vuoto di una solitudine grigia, il canto del riscatto, il cuore macerato di amarezza, una cicatrice imperiosa incisa sul volto, memoria di violenze e soprusi, nelle mani la forza della ribellione, in un caffè l’energia per un risveglio…Una farfalla che vuole volare libera nel vento, innamorarsi dei fiori”
“E desidero solo colori. I colori non piangono,/
sono come un risveglio: domani i colori/
torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,/
ogni corpo un colore-perfino i bambini./
Questo corpo vestito di rosso leggero/
dopo tanto pallore riavrà la sua vita… Ogni nuovo mattino,/
uscirò per le strade cercando i colori”
“Ricordo bene? Sì, credo di sì…Cesare Pavese…sono passati tanti anni…un respiro lungo e pieno d’affanno…e poi la calma piatta di un ghiacciaio, la follia in un bicchiere di gin, le ore eterne, l’allegria di due canarini, la tomba di una casa che non riconosco più.”
“I colori non piangono” e Olga ha deciso, nel delirio di una frenesia esaltante di farsi sfolgorante di colori, con quel vestito rosso appeso finora alla sua fantasia e il cappotto giallo e la sciarpa con le ballerine di Degas. E va, insolente e sfrontata, taglia la nebbia ancora timorosa, un saluto ai gerani del terzo piano…e va ad elemosinare parole, ad incontrare anonime anime con la loro storia. Si siede sulla panchina umida della fermata del bus vicino a casa, quando il lavoro richiama con urgenza la folla che aspetta, impaziente di partire. Olga non deve salire su nessun bus, ma alzare il sipario della sua solitudine e parlare non importa con chi e scambiare impressioni, carpire pezzi di vita. La nebbia non disturba, pare aspettare. E’ la mattina gentile di un pallido sole.
Il sole
d’inverno
non ha fame
né sete.
Come letargo nella nebbia
si ferma.
E la sua luce cade
senza un grido (Anna Bianchi)
Il “salotto” di Olga si anima, vibra di colori, di vita. E diventa “la donna del bus”, sempre lì, a regalare un pezzo di anima. Uccidere la solitudine, è questo che conta. Ah sì…e i fiori lì all’angolo modulano una ballata, le arance fiere hanno raccolto il sole, il profumo del pane è già sapore, le foglie sbriciolano il giallo della vita.
“Lasciami annegare nei colori, lasciami mangiare a piccoli morsi l’arcobaleno, lasciami dipingere con una tavolozza i ricordi e i pensieri e quest’anima grigia, e poi il candore delle pareti, e la trasparenza delle finestre…e forse sarò felice…”
E Olga danza la magia e va, ogni mattina, all’appuntamento “mondano” su quella panchina sbiadita, crocevia di illusioni, di incontri, forse di amicizia.
“I colori non possono piangere”
La coppia all’angolo nella sua isola bianca si bacia. L’anziana del terzo piano con i gerani ha l’ombra azzurra del cappello sugli occhi. L’operaio che va al lavoro ha dipinto il sorriso stanco di verde speranza. Severina, la sarta del quartiere, fa le fusa come un gatto sotto il sorriso furbo. La nonna accompagna la nipotina a scuola ed è illuminata d’allegria. Il viso stremato dalla fatica di Roberto è una nebbia senza tempo. Sara è giovane e bella, il viso proteso inebriato dal vento. La strada sa ascoltare.
E quell’uomo ripiegato su se stesso, solo, sempre solo, con gli abiti lisi di rinunce, le mani rugose in tasca, grigio, assorto, chi è? Parlano…ma se ne dicono tante…dicono abbia avuto un negozio in Piazzale Lagosta…Dicono che sia fallito dopo la morte della moglie…Dicono che vada spesso al bar del Parco Nord dove gli amici saziano la sua fame di pane e di amicizia…
“Ho raccolto i colori del vento, del sole, della luna, del mare e li ho legati con un nastro rosso e gli offrirò il mio sorriso e parlerò del domani e dipingerò il tempo e racconterò la violenza subita come una fiaba lontana e sarò fiera del mio essere donna che sceglie un uomo, un amico, senza pudore…e sarà l’incontro di due solitudini e canterò per lui la speranza e mangeremo, rideremo insieme e vestirò di fiori la mia casa, nell’aria il profumo di un canto antico e…”
E Olga va…sì, un aperitivo va bene a quest’ora, con un tramonto lungo e pallido…sì nel bar del Parco…sì con il vento a scompigliare il suo caschetto di capelli rossi, sì con un’autodeterminazione che le sembra coraggio, sì, a quell’avventura che è libertà.
E’ un vociare alto in quel bar, liberatorio, dopo il lavoro, il meneghino canta la sua cantilena, il bicchiere in mano è una divisa, il calore dell’amicizia è luminoso, la stanchezza non sa tenere a bada le risate: è il tempo per ritrovarsi prima di ritornare a casa.
In un angolo lei osserva pensosa “Ma che fa tutta sola…venga…venga qui con noi…”
E c’è l’atmosfera per raccontare e raccontarsi e gli steccati finiscono a terra, calpestati da quell’essere insieme e i colori vestono gli stracci del muratore, del giardiniere, dell’operaio…e lo sguardo dello sconosciuto lava il suo pudore.
Ci sono momenti magici, senza parole e occhi stregati da un sussulto e un battito del cuore incontrollato…quando i passi segnano una strada consueta e ridere per niente è complicità…e Olga e Alex baciano la luna. Il silenzio, la mano sfiorata sono già promesse
Sarò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
……….
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde. (KahlilGibran)
Forse sarà una storia d’amore tenera come un sussurro.
*
Nene Ferrandi (da Voce blu – blog di Letteratura arte e spettacolo)
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano