In un video, Repubblica racconta la vita difficile degli immigrati a San Siro. È un video militante, pur se fatto molto bene. Il problema è che nessuno si è accorto, salvo il sempre attento Franco Vassallo, che siamo davanti a un durissimo atto di accusa di dieci anni di sinistra al potere, a Milano come nel paese.
“San Siro è, per molti versi, uno specchio del paese” dichiara Franco Vassallo, già consigliere del Municipio 7. “E del paese ha seguito la traiettoria. Quando ero piccolo, nel contesto generale della periferia di Milano, era quasi un quartiere signorile. Non era Brera, ma si difendeva. Il problema non è stata l’immigrazione in sé, il problema è che invece di un’altra Paolo Sarpi abbiamo creato un ghetto. E negli ultimi dieci anni la situazione è precipitata. Le cause sono molte, ma la radice è sempre la stessa: la giustizia, di fronte all’immigrato che decide di delinquere, è un’arma spuntata.
Ne deriva che essere onesti, a San Siro, è un atto doppiamente meritorio per gli stranieri, perché nessuno li ringrazierà e chi decide altrimenti non subirà granché. Questa situazione è stata esasperata dalle giunte Pisapia e Sala che hanno fatto due enormi errori: hanno fatto dell’immigrazione un fenomeno unico, non cogliendone complessità e sfumature. E poi hanno deciso che chiunque fosse immigrato era automaticamente una vittima. Una vittima che, non potendo essere aiutata sempre, andava semplicemente lasciata in pace. A San Siro questa geniale intuizione si è risolta nel degrado più totale.
D’altronde è chiaro il motivo: l’integrazione, a sinistra, non può funzionare. Per integrarsi il presupposto radicale è credere che la nostra cultura sia migliore della loro. Almeno qui e ora. Altrimenti perché chiedergli di rinunciare alla propria? Il centrodestra a questa domanda ha sempre avuto una risposta ragionevole: se vuoi vivere qui (legalmente) va bene, ma facendolo accetti di rispettare usi e costumi del popolo che ti ha accolto. La sinistra, però, questi usi e costumi li odia. Con varia intensità e infinite sfumature, ma il senso è quello. Quindi all’integrazione non può credere davvero. E così ci ritroviamo con la protagonista del video che con infinito acume e grande intelligente spiega che la cittadinanza la vuole per “fargliela vedere a chi dice che non sono italiana”. Ma poi, in fondo, si sente araba.
E ha ragione. Non le abbiamo dato alcuna vera ragione per aspirare a essere italiana. Le abbiamo detto che diritti e privilegi le spettano come essere umano, che gli italiani sono razzisti e cattivi. Ovviamente dentro di sé si sente più vicina ad un mondo che non ha mai vissuto rispetto a quello che la sinistra le ha costruito attorno. Questo è ciò che uccide le civiltà: rigettare tradizioni, cultura, fede e anima profonda. San Siro è solo un esempio più clamoroso di altri. Ma, a voler essere ottimisti, se mai riusciremo a salvarlo avremo salvato anche il paese. Il primo passo per farlo, naturalmente è cambiare la classe dirigente e la cultura di Palazzo Marino”
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,