Milano 11 Giugno – LA VITA QUOTIDIANA – “Per due anni isolamento e maccaroni”
Kelly Imobhio, 21 anni, nigeriano. Sogna un futuro da calciatore ma si allena senza palla
Ovunque tu sia in Italia, dalla Basilicata all’Alto Adige, quando incontri i profughi ti imbatti in due frasi ricorrenti, come fossero la prima pagina di una nuova grammatica italiana. «Mangio e dormo, mangio e dormo». «Maccaroni pranzo e cena. Vita in Italia solo maccaroni». Prendi dei ragazzi di vent’anni, mettili in un posto il più possibile scollegato dal resto del mondo: un albergo in disgrazia, un agriturismo in ristrutturazione, un ex convento di suore carmelitane. Cucina per loro ali di pollo e pasta al sugo rosso, tienili alla larga dalla vita vera. All’inizio, tutti pensano di avercela fatta: sono sopravvissuti, sono in Europa, hanno un posto per dormire. Poi scoprono che non possono andare da nessuna parte. Dall’Italia dovrebbero ricevere 2 euro e 50 al giorno, ma ci sono ritardi anche superiori ai quattro mesi. Maccheroni pranzo e cena. Isolamento. Un anno per avere la risposta dalla commissione che giudica le domande per diventare rifugiato politico, un altro anno per fare appello. Ragazzi di vent’anni senza ragazze, senza lavoro, senza neanche un pallone per allenarsi a calcio. A chi conviene?
LA LINGUA – “Senza obblighi e regole. Deserti i corsi di italiani”
Roussom Abrahm, sopravvissuto a un naufragio, è transitato dall’Italia e ha raggiunto la Svezia
Per i profughi vengono organizzati pochi corsi di italiano. Ma non c’è alcun controllo della frequenza. Non lavorano, non studiano, non imparano. In autunno eravamo stati nel nord della Svezia a Östersund, per seguire la storia di Russom, un ex militare eritreo sopravvissuto al naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Viveva in una casa in un bosco, in mezzo ai larici usati per costruire i mobili dell’Ikea. Divideva l’appartamento con cinque connazionali. Le stanze erano molto pulite. C’era un grande frigorifero in cucina e una piccola televisione in uno spazio comune. Russom aveva una tessera per girare gratuitamente sui mezzi pubblici e 90 dollari al mese per le spese personali. Ogni giorno, per cinque giorni alla settimana, doveva fare un’ora di pullman per andare a scuola. In caso di assenza non giustificata, la pratica per la richiesta di asilo politico sarebbe stata rigettata immediatamente.
SIRIANI ED ERITREI – “Mai farsi identificare da noi”, la prima regola chi sbarca
Siriani e eritrei. Sono gli unici profughi che l’Unione Europea – forse – sarebbe disposta a condividere con l’Italia. Ma trovare dei profughi siriani ed eritrei in Italia, in realtà, è un’impresa. Li abbiamo incontrati solo in due posti: la stazione di Milano Centrale e la stazione di Bolzano, da dove proseguono il loro viaggio verso Nord. Ancora oggi, con le nuove norme antiterrorismo, siriani e eritrei riescono a non dare le loro impronte digitali in Italia (nel 2014 su 165 mila migranti sbarcati, 80 mila non sono stati identificati). In Sardegna – proprio in questi giorni – è in corso una protesta: un gruppo di eritrei portati sull’isola si rifiuta di farsi identificare. Tutti sanno benissimo che diventi rifugiato politico nel primo posto in cui lasci le tue impronte digitali. Ecco perché si oppongono: vogliono andarsene dall’Italia. La polizia non sa come comportarsi.
IL PASSAPAROLA – Le rotte per l’Europa cambiano di continuo
L’immigrazione funziona con un gigantesco passaparola mondiale. Mentre tutti sono concentrati sulla Libia – bombardare o non bombardare i barconi? – sono già state inaugurate due nuove rotte. Dalla Turchia alle isole greche, addirittura su canotti da bambini, a remi. Oppure, a piedi, risalendo dalla Macedonia la Serbia, passando dall’Ungheria, attraversando le frontiere a Est (la Bulgaria sta costruendo un muro lungo i suoi confini per impedire i passaggi). Ecco di cosa parlano al telefono i migranti con gli amici già pronti a partire.
LE RICHIESTE – Il “no” all’asilo politico e quel destino illegale
Balde Alassane, 21 anni, è scappato dalla Nigeria. E sopravvive facendo il raccoglitore di pomodori in Puglia
La terza frase che senti più spesso dai rifugiati italiani è questa: «Negativo, negativo!». La ripetono tutti i nigeriani, i ragazzi del Gabon, della Guinea e della Costa d’Avorio, che sono la maggior parte dei profughi attualmente accolti nel meridione d’Italia. La commissione ha bocciato la domanda di asilo politico. Parere «negativo». Sono in attesa del ricorso. Molto probabilmente non diventeranno rifugiati politici. Nessuno si occuperà di loro, alla fine dei due anni. A parte la criminalità organizzata. A parte i caporali in cerca di manodopera da sfruttare.
Niccolò Zancan (La Stampa)
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