C’è una destra che sino a qualche tempo fa apprezzava Vladimir Putin e c’è una sinistra che attribuisce la colpa di ogni male del mondo agli Stati Uniti e alle democrazie occidentali, colpevoli di non essersi convertite al comunismo. E se la prima ha cambiato idea, la seconda non cambia mai.
Non è la sinistra estrema dei centri sociali e degli antagonisti: non solo quella, almeno. È la sinistra che si proclama erede dei partigiani rossi, politicamente apprezzata e integrata nelle istituzioni, tanto da essere mantenuta col denaro del contribuente. L’ultima è di questi giorni: un appello firmato dalla segreteria nazionale dell’Anpi, oggi presieduta da Gianfranco Pagliarulo (tra poco vedremo chi è), nel quale si legge che il vero colpevole della guerra non è l’invasore russo, ma l’imperialista americano. La conferma che certi riflessi pavloviani non finiscono, resistono alla realtà dei fatti e al tempo che passa. Da quel documento datato 22 febbraio, meritoriamente portato alla pubblica attenzione dal giornalista Luciano Capone, si apprende che il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia, ossia l’evento che ha segnato l’inizio della guerra, è solo l’ultimo di una sequenza di atti «innescata dal continuo allargamento della Nato ad est, vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia». La passeggiata nel delirio prosegue spiegando che la causa dell’instabilità nell’area è la «politica di potenza» della Nato, e chiedendo a JoeBiden (il quale, se ha una colpa, è quella di essere inesistente), di far «cessare immediatamente sia le clamorose ingerenze nella vita interna dell’Ucraina, iniziate quando nel governo ucraino entrò la statunitense Natalia Jaresco, sia le sue dichiarazioni belliciste e le sue ininterrotte minacce nei confronti della Russia».
Uno solo, a sinistra, trova la cosa indecente e ha il coraggio di dirlo: Matteo Renzi. «Le dichiarazioni dell’Anpi sul conflitto ucraino sono vergognose», denuncia il senatore toscano. «I partigiani di settant’ anni fa avrebbero saputo da che parte stare, attaccare il filoimperialismo americano significa essere indietro con l’orologio della storia». Per tutti gli altri, va benissimo così. Molti, incluso il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano, hanno partecipato alle manifestazioni organizzate ieri dalla stessa Anpi, dalla Cgil, dalle organizzazioni pacifiste e dai collettivi di sinistra. In piazza sotto le bandiere rosse con falce e martello per gridare «Né con Putin né con la Nato», come hanno fatto il segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, e migliaia di compagni. Bene attenti a mettere l’aggressore dell’Ucraina sullo stesso piano dell’alleanza cui appartiene l’Italia. Ma questa è l’Anpi. Pagliarulo fu senatore del Partito dei comunisti italiani, affiliato all’Ulivo di Romano Prodi, dal 2001 al 2006, anni nei quali si distinse soprattutto per le invettive utili a finire sui giornali. Di Oriana Fallaci disse che era «una povera donna fondamentalista, alimentata dall’odio, dalla volontà di sopraffare il nemico. Le contumelie rivolte a tutti ne immiseriscono definitivamente la figura». Mica come lui, che definì George W. Bush, in visita a Roma, il «capo di una gerarchia criminale». Chiamato in causa da Renzi, Pagliarulo ha risposto assicurando che l’Anpi condanna l’invasione da parte della Russia. «Ma saremmo sciocchi», ha subito aggiunto, «se non vedessimo il contesto in cui tutto questo è avvenuto, quello che è successo negli ultimi decenni. Oggi Estonia e Lettonia hanno le basi Nato ai confini della Russia, sarebbe strano immaginare che Mosca non avrebbe reagito».
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