Invano Magistratura Democratica ha cercato fino all’ultimo momento di difendere la candidatura di Maurizio Romanelli, attuale procuratore aggiunto a Milano, indicato come l’uomo in grado di ricompattare l’ufficio
È Marcello Viola il nuovo procuratore capo della Repubblica di Milano. Rompendo una tradizione che durava da decenni, il Consiglio superiore della magistratura ha deciso oggi (ieri ndr) di mettere alla testa della Procura del capoluogo lombardo un magistrato che non è cresciuto sotto la Madonnina, che non vi ha mai lavorato, che non conosce i riti e le alleanze della giustizia ambrosiana: una scelta di rottura, di “discontinuità” resa inevitabile dallo spettacolo di divisioni frontali e di veleni che hanno attraversato in questi mesi la Procura milanese, tra il processo Eni, lo scandalo del caso Amara e da ultimo del processo al Monte dei Paschi di Siena. (fonte Il giornale)
Marcello Viola, attualmente pg a Firenze, è il nuovo procuratore capo di Milano. Lo ha nominato il plenum del Consiglio superiore della magistratura a maggioranza, con 13 voti a favore. Viola, che prende il posto lasciato da Francesco Greco, in pensione da novembre scorso, ha prevalso sugli altri due candidati proposti dalla commissione: il capo della procura di Bologna Antonio Amato, al quale sono andati 3 voti, e il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che ne ha avuto 6. Tre sono stati gli astenuti.
In magistratura dal 1981, Viola è stato prima giudice al Tribunale di Lanusei, poi pretore prima ad Avola poi a Palermo, dove ha svolto successivamente anche le funzioni di giudice e poi di sostituto procuratore. Dal 2011 è stato capo della procura di Trapani e dal 2016 procuratore generale a Firenze.
Il consigliere togato di Magistratura indipendente Antonio D’Amato, relatore della proposta in suo favore, ne ha sottolineato “le rilevantissime capacità investigative, a partire dalla direzione che ha impresso alle indagini alla Procura di Trapani, che ha guidato per 5 anni. Periodo in cui la Procura è stata oggetto di gravi intimidazioni, proprio per la grande capacità dimostrata nelle indagini di criminalità organizzata, in un territorio storicamente interessato da una rilevante e radicata presenza delle mafie”. Viola, ha sottolineato D’Amato, ‘ha trattato diverse indagini delicatissime a partire da quelle svolte presso la Dda di Palermo come quelle sul clan mafioso legato alla famiglia Badalamenti e ha svolto numerose e complesse rogatorie internazionali”.
Nel dibattito che ha preceduto il voto è stata richiamata la vicenda dell’Hotel Champagne, la riunione del maggio 2019, all’origine del caso Palamara, nella quale magistrati e politici discussero della nomina del procuratore di Roma e dalla quale era emerso l’orientamento a favore proprio di Viola, allora candidato alla guida dei pm della Capitale. E si è discusso anche delle vicende dei contrasti interni alla procura milanese, che ne hanno segnato l’immagine negli ultimi mesi, invocando “discontinuità”.
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